In questi giorni la notizia della ragazza messinese, a cui l’ex ha dato fuoco ha assunto una dimensione ancora maggiore a causa della risonanza che la trasmissione di Barbara D’Urso le ha dato, intervistando la vittima.
Le proporzioni del caso riguardano le regole della comunicazione e del giornalismo. Non è possibile che casi di cronaca così delicati siano trattati con una tale leggerezza. Si rappresentano casi drammatici come fotografie offuscate da un filtro rosa. Le immagini della trasmissioni hanno la stessa regia di Beautiful, i colori opachi e la lucentezza del lucidalabbra della presentatrice.
Se quanto detto è conclamato, ma evidentemente inarrestabile, rimane ancora indefinito il nucleo problematico di natura antropologica legato ai processi di comunicazione. È assordante sentire una conduttrice televisiva, in ora di punta, su Mediaset, convincere una giovane donna evidentemente con una scarsa percezione della realtà, che alcuni uomini per troppo amore è possibile che uccidano. Per la precisione sarebbe “Per troppo amore o per troppa gelosia”. Rendendo le due emozioni interscambiabili, equiparabili. O l’uno o l’altro possono sfociare in un’azione di fuoco.
Ma cosa fa l’amore al corpo? Il corpo viene curato per raggiungere gli standard di bellezza, il carico di euforia dovuto all’amore lo può rendere sorridente e radioso, agghindato secondo i canoni estetici del momento, il buddismo parla di mondo di cielo di una felicità temporanea che ci rende energici. Il corpo si trasforma, la saggezza popolare direbbe “mani fredde e cuore caldo”. Platone intorno all’amore dice che gli amanti che passano tanto tempo insieme non sanno cosa vogliono, e non basta consolare i piaceri carnali. A volte farfugliano e lì dove comincerebbe il collasso della ragione ci sarebbe amore. Per Fossati, l’amore fa bene alla gente.
Comportamenti folli, imprese romantiche, cecità d’amore, tutto sintetizzato nei biglietti dei cioccolatini, è riassunto tutti lo sanno. Sostenere in tv che un atteggiamento eccessivo d’amore possa sconfinare in una tanica di benzina non trova legami con il mito dell’amore, con le emotività dell’amore e neanche con con l’aumento degli ormoni della felicità causati dalla fase amorosa.
Siamo di fronte a tutt’altro. Si tratta di appropriazione violenta di corpi che non ci appartengono, che vengono sfigurati per imprimere una forza altrimenti impossibile. Siamo di fronte una tragedia sociale, non un film romantico. Le differenze di genere si imprimono sui corpi a partire proprio dalle categorie culturali e dalle strutture sociali. Se pensiamo all’emancipazione femminile innanzitutto io penso a spazi occupati da corpi di donne in piazza, nei partiti, nelle associazioni a dichiarare la propria presenza. Quando questi spazi reclamati non sono accettati e si combinano a un’alfabetismo emotivo e un’ossessiva dichiarazione del “piccolo io” siamo di fronte alla violenza. Corpi perfettamente dotati rifuggono la dignità degli altri, delle altre e a noi, tutti, non può bastare né troppa religione, né troppo amore, né troppa gelosia per vedere i fatti per come sono: nella totale assenza di bene.
 
Valentina Rizzo