Obiettare dal latino obicere ha come significato: buttare, offrire, mettere davanti.
Tre azioni con intensità diverse, accomunate però da uno stesso movimento. Un allungamento del braccio verso l’esterno. Il gesto è comandato dal pensiero, è determinato dall’intenzione di porre a qualcuno qualcosa.
Nel caso dell’obiezione di coscienza uno dei due pone un fermo.
Due libere scelte si trovano una davanti all’altra. Eppure i due individui non sono gli stessi, perché il peso del ruolo sociale è assi diverso: uno infatti si chiama medico e l’altro si chiama paziente.
La paziente in questo caso, si presenta in ospedale per una gravidanza indesiderata o per meglio dire, per “affrontare un aborto”. L’interruzione di gravidanza facile non esiste, a partire dal fatto che vanno considerate tutte le sfumature e le delicatezze di ogni essere umano, la sua razionalità e la sua più intima dignità.
Inoltre si parla di corpi, certo di corpi umani che richiedono un intervento bio-medico. Non si può non considerare la sfera individuale che soggiace al dibattito pubblico sull’obiezione, di chi sente il proprio io in discussione, l’evolversi da corpo individuale a uno spazio politico di contrattazione di diritti soggettivi.
Su quel corpo paziente si pone un’attenzione politica dei diritti soggettivi degli altri, determinati spesso dalla religione. Così diventa assertiva l’ offerta (obicere) della propria coscienza, un regalo indesiderato nel momento più sbagliato. La maternità romantica probabilmente è frutto della pedagogia recente, che in virtù del primato assoluto dell’infante renderebbe la donna una mamma-contenta-per-forza. Non è solo una questione di religione quindi piuttosto una generale visione di corpi che tendono alle loro possibilità naturali privati di densità culturali e individuali.
Viviamo un primato sociale come mondo occidentale, di modulazioni di frequenza di depressioni, patologie psicologiche, etc. ma abbiamo bypassato la semplice delicatezza di una presenza, di una donna che sta davanti a un medico obiettore, messa alla pari di un’idea. Per questo infatti ci aveva pensato la legge 194. Una legge dello Stato al di sopra dei singoli e a tutela dei singoli.
Di sicuro la prevenzione rimane l’azione che più di ogni altra può garantire la vita e le posizioni politiche e religiose di ciascuno, davanti all’emergenza però, davanti una persona prevalga la visione d’insieme di una vita, di una società, prevalga la dignità di chi,  sta innanzi a chiedere un aiuto e l’esercizio di un diritto sul proprio corpo.

Le foto sono di Noemi Alessandra