La vicenda di “Parliamone Sabato” su RAI 1 ha innescato una polemica che si è conclusa con la sua chiusura. Il programma aveva condotto un dibattito sugli italiani e le donne dell’Est in modo sessista e anche razzista, relegando a stereotipi culturali e misogini la figura di tante donne straniere che vivono nel nostro Paese. 
La vicenda non può rimanere circoscritta ai commenti e alle opinioni a caldo. Quello che è andato in onda apre una questione densa sulle modalità della televisione pubblica e sulle opportune declinazioni del linguaggio nei media. Come testata giornalistica abbiamo voluto affrontarla con gli occhi del giorno dopo, raccogliendo le dichiarazioni adeguate in merito.
Rita Borioni membro Consiglio Direttivo RAI, unica donna oltre alla presidente del CdA, è molto chiara e ci dice:

Questa vicenda apre il tema su cosa sia il Servizio Pubblico radio-televisivo. Non si tratta di perbenismo, ma di distinguere il Servizio Pubblico dalla tv commerciale e di ragionare sulle modalità dell’intrattenimento. È come parlare di cultura: non è il tema, ma i modi con cui si parla del tema.

“Sono convinta che lo stesso argomento possa essere trattato in modo più intelligente: quello delle donne provenienti dall’Est è un tema anche di costume, trattato così è offensivo anche per gli uomini descritti come padroni”.
Un’idea fuori tempo dell’Italia, spiega ancora Borioni, una rappresentazioni di un Paese “in modo residuale, che non parla al pubblico giovanile”.
Ha risposto a EnnaOra anche Francesco Verducci, vice-presidente della Commissione Vigilanza RAI
“Quello che è successo è inconcepibile. Una vergogna del Servizio Pubblico che contraddice la sua mission che è di educare e promuovere i diritti e la convivenza. Siamo davanti una trasmissione che pone la donna in uno stereotipo sessista, che la riduce a macchietta, per questo richiederò le dimissioni dei responsabili”.
Verducci ha in programma un’audizione in Commissione con la Presidente Maggioni e il Direttore Generale Campo dall’Orto della RAI: 

È necessario avviare una sessione di lavoro in merito all’intrattenimento mattutino e pomeridiano della televisione pubblica, in cui si affermi l’importanza di avere un linguaggio adeguato e la centralità di argomenti non lesivi o irrispettosi.

La chiusura del programma non è scontata, un atto deciso politico volto a cogliere i cambiamenti strutturali e antropologici italiani. 
Paolo Garofalo esperto di mass media e comunicazione dichiara:

Questo era uno dei rischi della mediocrità della televisione, che tende ad adeguarsi ad atteggiamenti populisti e demagogici, piuttosto che anticipare ,ed essere un punto di riferimento per chi vuole conoscere informarsi e capire. L’epilogo del programma  ha messo in luce quanto sia cambiato l’atteggiamento della politica nei confronti del Servizio Pubblico, senza intromissioni il programma è stato giustamente chiuso.

 

di Valentina Rizzo