Lo strano caso degli antropologi che non insegnano la loro materia! Come mai questo è possibile?
Il 24 giugno 2017 si sono chiuse le iscrizioni alle graduatorie di Istituto per docenti di II e III fascia.

All’interno di ANPIA, Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia, si è costituita una commissione tematica che monitori, studi e proponga soluzioni relative al mondo della scuola e dell’antropologia, il tema dell’insegnamento per i laureati M-DEA e il valore dell’antropologia a scuola.
Tanti dubbi a cui hanno riposto i membri della commissione Angelica Grieco, Francesco Bravin, Agostina Bua e Silvia Galuppi per fare chiarezza.
 

Ci dite qualcosa sull’ insegnamento dell’antropologia a scuola? Perché è importante?

La domanda andrebbe riformulata: se è auspicabile che l’antropologia sia valorizzata al pari di altre discipline afferenti al gruppo delle scienze umane, è ancora più importante che figure fornite degli strumenti metodologici dell’antropologia possano insegnare. Le aule didattiche sono un microcosmo, e non è pensabile che il docente esaurisca il suo lavoro nella semplice trasmissione delle informazioni. Ha il grande potere di essere, nel percorso dell’apprendimento degli studenti, portatore di disagio o, viceversa, svolgere il ruolo di facilitatore.
L’antropologo, se ha una solida formazione, ha un occhio fine sulle dinamiche comportamentali e sui rapporti che si instaurano tra gli studenti. Percepisce dove intervenire e quando, non dimenticandosi che le differenze che si dipanano ai suoi occhi vanno portate alla luce e fatte materia di discussione. Nell’età delicata della preadolescenza e dell’adolescenza i temi caldi sono, per esempio, quelli attinenti la discriminazione di genere e del diverso orientamento sessuale, il bullismo palese o strisciante, la provenienza da realtà culturali e religiose diverse. Non dimenticando poi che per gli immigrati di seconda generazione che si sentono perfettamente italiani ma che osservano, poniamo, la religione musulmana, la frattura è ancora più sottile. Lo/la studente/ssa che osserva il periodo di Ramadan presenta necessità di cui il docente allenato alla differenza sa di dover tenere conto. Dunque accoglierà, anziché respingere, ogni istanza che si discosta da quelle della maggioranza, portando alla luce le sue peculiarità e implicazioni. Ancora, improntare una lezione sull’omosessualità greca non tacendo apparenti contraddizioni come forza/virilità, significa aprire uno squarcio di consapevolezza sul binomio omosessualità/effeminatezza troppo spesso dato per scontato. Che sollievo per un ragazzo scoprire che può essere ciò che sente senza cadere in un clichè!
D’altra parte, dato che il docente antropologo commette errori come tutti (talvolta le classi sono veri e propri teatri del dramma!), saprà raddrizzare la barra con serenità, forte della consapevolezza dello scarto che esiste  tra le buone intenzioni e la sua fallibilità come essere umano.Sarebbe inoltre auspicabile la figura dell’antropologo/a accanto a quella del pedagogista e a quella del mediatore culturale (a tutt’oggi non sempre presente e non in tutte le istituzioni scolastiche), ossia di tutte quelle figure professionali che lavorano nella scuola per apportare un contributo in termini di programmazione didattica ed educativa e/o di risoluzione di conflittualità.   

La classe di laurea specialistica vecchio ordinamento o magistrale nuovo ordinamento non consente l’insegnamento di antropologia nelle scuole, è così?

Con il decreto attuativo della legge 107 nel febbraio 2016 e il riordino delle classi di concorso si apre questa possibilità. Oltre alle classi di concorso nelle quali i laureati in LS/1 e LM/1 già potevano insegnare, è possibile ottenere docenza nella classe di concorso A-18 (scienze umane) e A-19 (filosofia e storia). Però attenzione: è una vittoria solo sulla carta. Gli aspiranti docenti dovranno dimostrare di possedere 96 CFU in particolari settori disciplinari, tra cui pedagogia e psicologia, normalmente non presenti nel corso di laurea. Molti, non c’è che dire.
Lo stesso dicasi per altre lauree come quella in lettere a indirizzo antropologico del vecchio ordinamento, che consente l’insegnamento di italiano, storia e geografia nelle scuole secondarie di primo grado, discipline letterarie e storia negli istituti di secondo grado (si tratta solo di un esempio, non esaustivo, di tutta la casistica). Non è raro che pochi crediti mancanti impediscano l’accesso a intere classi di concorso. In quel caso è possibile completare l’iter con l’iscrizione a singoli corsi universitari, veri e propri percorsi di studio integrativi con esame finale, ricordandosi però che il rinnovo delle graduatorie è triennale ed è necessario muoversi nei tempi giusti.

Chi può insegnare quindi l’antropologia nelle scuole?

Laureati in Filosofia, Psicologia, Scienze dell’educazione, Scienze della comunicazione e parecchi altri indirizzi di laurea, come segnalato nella tabella-A di riferimento del MIUR.
In ogni caso è importante ricordare che l’antropologia non è insegnata come all’università ma è inserita, insieme a sociologia, psicologia e pedagogia in un corpus di materie definito scienze umane. Si tratta soprattutto di insegnare ad acquisire conoscenza delle principali teorie e metodologie di ricerca nel campo delle scienze umane e sociali.

Quale credete sia la soluzione, una riforma dei corsi di laurea? Maggiore chiarezza nell’esposizione dei possibili percorsi lavorativi dopo la laurea da parte dell’università? o altro…

Sicuramente aiuterebbe maggiore chiarezza nel mettere a fuoco gli sbocchi occupazionali durante il corso di laurea e non solo per chi desideri intraprendere la carriera dell’insegnante/formatore, ma per chiunque consegua questa specifica formazione accademica.
Una questione non da poco è anche la seguente: al momento non esiste una laurea in antropologia uguale a un’altra, perché ogni università decide in autonomia i propri piani di studio. Sarebbe utile stabilire un contenuto didattico minimo uguale per tutti i corsi di laurea triennale e magistrale in antropologia. Facendo così è possibile inserire nel proprio percorso degli esami a scelta nelle materie che poi sono di fatto richieste dal MIUR per l’insegnamento.
Desideriamo chiudere con una nota positiva: ANPIA, attraverso la Commissione Educazione-Scuola, ha stretto un partenariato con l’Istituto di Istruzione Superiore Polo-Bonghi di S.Maria degli Angeli- Assisi, mettendo a disposizione le sue competenze per la domanda di reperimento Fondi Europei per l’inclusività (Bandi Pon-Cittadinanza e creatività digitale). Un altro passo importante affinché l’antropologia trovi sempre più spazio nelle istituzioni scolastiche maggiormente sensibili al suo valore, e nelle loro molteplici iniziative.

 
 

[L’intervista è tratta dal link seguente: http://anpia.it/antropologiascuolaanpia/ realizzata da Valentina Rizzo e  a cura dell’Ufficio Stampa di Anpia]