Leonforte – Appuntamento con la storia e le tradizioni che identificano la sicilianità. Così si potrebbe sintetizzare il secondo spettacolo in rassegna al Premio Città di Leonforte.
Turi Marionetta, scritto, diretto e interpretato da Savì MannaAssociazione Culturale Retablo di Catania – si è presentato come un impeccabile omaggio alla grande tradizione dell’Opera dei Pupi.
Protagonista indiretto – perché non fa mai comparsa – è Salvatore Barone, detto Turi Marionetta, docente universitario conosciuto ovunque per i suoi seminari sulle marionette. Protagonista diretto, il Nonno che nell’attesa del nipote decide di tenere egli stesso il seminario al suo posto. Nasce da qui, dall’attesa di qualcuno, un monologo a regola d’arte. Privo di eccessi e sbavature, ben cesellato e adornato da precisi riferimenti storici.
Turi Marionetta, del resto, è questo. Il frutto di un’attenta ricerca storica, lectio magistralis su marionette, pupi, pupari e cantastorie. Uno spaccato verista della Sicilia che fu e che continua ad essere attraverso questa preziosa arte. Non a caso lo spettacolo – le cui repliche hanno fatto tappa in Sicilia, come in Italia e all’estero – ha già ottenuto il Premio Vernacolo al concorso La riviera dei Monologhi a cura di Teatro Helios di Bordighera nel 2015.
In continuo ondeggiare tra il dialetto catanese più puro e l’italiano più forbito – che conferiscono alla piece un preciso ritmo narrativo, anch’esso mai eccessivo – , naviga e prende il largo l’ironia, che nelle parole di un nonno non si fa mai beffarda. L’ironia, pronunciata dalla saggezza canuta del protagonista, è sempre un riso un po’ amaro e un po’ nostalgico.
Così, sorridendo commossi, facciamo spazio alle differenze tra un pupo di Palermo e un pupo di Catania. Accogliamo il cunto del nonno, la sua giovinezza, Catania e la Seconda Guerra Mondiale. Senza mai essere greve ci regala sapere che non sapevamo. Come un custode di un prezioso tesoro, oltre una porta socchiusa. Così ce lo dona, con la stessa discreta eleganza e pacatezza. Piano la porta si apre, offrendo al nostro sguardo la vasta ricchezza che abbiamo posseduto e mai guardato attentamente. È il nonno di Turi che ci invita a farlo.
Si lascia l’arena spettacoli arricchiti, e non guarderemo più i Pupi come dei piccoli souvenir di Trinacria. Emblemi di un’arte a rischio di estinzione, idoli di una sicilianità ai limiti del sacro.
Alessandra Maria