Leonforte – Delizioso davvero il penultimo appuntamento della rassegna teatrale, in concorso al 36^ Premio Città di Leonforte. La compagnia Costellazione di Formia, reduce dal successo riscosso al Festival Mondial du Theatre 2017 di Montecarlo, ha portato in scena Chocolat…una commedia peccaminosamente deliziosa!
Ispirato all’omonimo libro di Joanne Harris e al celebre film di Lasse Hallström, il lavoro rappresenta il cavallo di battaglia della Compagnia, premiato quindici volte su scene sia italiane che estere. La storia la conosciamo tutti. La vita monotona e in apparenza tranquilla di un villaggio viene stravolta dall’arrivo di una straniera che decide di aprire una cioccolateria – nientemeno – proprio nel periodo del digiuno quaresimale. Un innocuo negozietto di paese, ben presto si trasforma in un centro di liberazione. Sdoganamento dal proprio fardello esistenziale, appesantito da un bigottismo esasperante.
Come potrebbe una delizia peccaminosa evitare di collidere col rigore ecclesiale del Conte-sindaco? L’ostilità tra quest’ultimo e Vianne, la straniera vestita di rosso, diventa il perno centrale dell’intera trama. Ma, a differenza della pellicola, qui non c’è lo spessore di un personaggio specifico. Nessun ruolo sovrasta gli altri. Qui è tutta precisione del teatro corale, un insieme di voci e di ruoli che fanno da cornice al vero, grande protagonista: il pregiudizio.
Mai come di questi tempi di grande attualità, al punto da essere portati a pensare che nella performance vi sia un incontro voluto tra la tradizione di una trama già narrata e l’attualità di odierne chiavi interpretative. Il flash mob iniziale, a stretto contatto col pubblico, non fa altro che confermare questa prospettiva.
Inaspettatamente, il cibo degli dei viene distribuito in platea, predisponendo alla piacevolezza, alla delizia come superamento del limite pregiudiziale. Cibo che non sfama, ma appaga. Il cioccolato si arricchisce di un sapore nuovo. Viatico verso la più schietta espressività, la riappropriazione e la consapevolizzazione di sé.
Colpisce l’essenzialità della scena, poche sedie e un drappo rosso. Tanto basta, assieme alla maestria nell’utilizzo, a ritrovarsi concettualmente in chiesa, in piazza, nel negozio di Vianne, altrove. Le musiche sono quelle del film, rese più suggestive dalla corporeità. Movimenti tutti rigorosi, a contrasto con il rosso sinuoso e fluido di Vianne, in perfetto sincrono. Anche qui, molto è affidato non solo alla parola, ma al corpo e alla musica che agiscono in sinergia con gli oggetti. Tutto scandito dal ritmo, dalla precisione e, sempre, dalla coralità. Quella che si conviene ad una Costellazione.

Alessandra Maria