La vittima, secondo gli ispettori della sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile, è un imprenditore edile del capoluogo ennese, impegnato nei lavori di posa della fibra ottica in varie città della Sicilia centro-orientale. A lui il clan di Enna di Costra Nostra avrebbe imposto il pagamento del pizzo a tutte le cosche dei paesi dove lavorava. Ovunque arrivava, doveva pagare pegno ai clan del posto.
Ad accompagnarlo, talvolta non solo virtualmente, per gli investigatori era uno storico uomo d’onore della famiglia di Enna, Salvatore La Delia. Tramite lui, e con il tramite di un altro ennese, la vittima avrebbe pagato il pizzo al clan Cappello Bonaccorsi, poco prima di Natale del 2016, per i lavori svolti a Noto, Augusta e Palazzolo Acreide.
Pochi mesi dopo, invece, la storia si sarebbe ripetuta nel Catanese. Assieme a La Delia, sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il tramite sarebbe stato Antonio Salvatore Medda, 54 anni, originario di Enna ma residente nel capoluogo catanese, colui che è stato riportato in carcere adesso, il 14 agosto scorso, dalla Squadra Mobile. Medda assieme agli altri, era stato arrestato l’8 marzo scorso, ma poi ottenne i domiciliari tre settimane dopo dal Tribunale di Libertà. Al provvedimento si sono opposti gli inquirenti, che hanno presentato ricorso in Cassazione e adesso il Riesame ha dato ragione alla Direzione distrettuale antimafia, ordinando nuovamente il carcere per Medda. In pratica La Delia e Medda, ma anche con la presunta complicità di un altro catanese, avrebbero costretto mensilmente la vittima, da giugno a dicembre del 2017, a pagare a Cosa Nostra uno “stipendio” di 600 euro al mese, per i lavori svolti a Catania e Santa Maria di Licodia.
Tutti i personaggi coinvolti in questa storia hanno seccamente respinto le accuse, quando furono interrogati. Così ha fatto pure La Delia, un mafioso già noto alle cronache, tra l’altro, per aver preso una condanna, in passato – in concorso con lo storico boss di Enna Gaetano Leonardo, alias Tano u liuni – per l’estorsione da 200 milioni di lire commessa tra il ‘90 e il ’98 ai danni dell’impresa che realizzò il primo lotto dell’ospedale Umberto I di Enna.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Caltanissetta Roberto Condorelli, è stata condotta dagli investigatori diretti dal vicequestore Gabriele Presti e dal commissario capo Emanuele Vaccaro.

Josè Trovato

L’arresto di Medda a marzo 2018