PIETRAPERZIA. Il pm Roberto Condorelli della Dda di Caltanissetta ha chiesto oltre un secolo di carcere per i dodici imputati del processo “Primavera”, dal titolo dell’operazione del 21 giugno 2016 con cui l’Arma ha stroncato il tentativo di rimettere in piedi un clan mafioso di Pietraperzia, sulle spoglie della vecchia cosca capeggiata dai fratelli Monachino, che tuttavia non sono coinvolti (salvo un’accusa antecedente non relativa al periodo dell’inchiesta per Vincenzo Monachino) nel nuovo caso. Cadono alcune delle ipotesi di reato, ma le richieste sono pesantissime.
Con accuse a vario titolo di associazione mafiosa, traffico d’armi e reati minori – a diversi imputati non è contestata l’associazione mafiosa ma solo minori coinvolgimenti – sono stati chiesti 16 anni di reclusione per Vincenzo Capizzi, unico accusato di esser stato il capo del gruppo (la stessa accusa è caduta per altri due imputati); 13 per Salvatore Bonfirraro, 16 e 6 mesi per Giuseppe Marotta, 7 anni per Calogero Siciliano, 12 per Giuseppe Piccicuto, 17 per Filippo Viola, 3 anni per Salvatore Viola, 16 anni per Liborio Bonfirraro, 4 anni (in continuazione con una condanna precedente) per Vincenzo Monachino, 14 anni per Claudio Di Blasi e 6 anni per Ornella Di Blasi e Giuseppe Crisafi. Va evidenziato che alcune ipotesi di estorsione o di tentata estorsione, contestate sempre a vario titolo ad alcuni imputati, sono cadute nel corso del dibattimento. Si torna in aula il 2 ottobre ed entro la fine del mese prossimo è attesa la sentenza.
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Gaetano Giunta, Michele Caruso, Franco Nicoletti, Giovanni Palermo, Franco Puzzo e Fabio Aleo. In aula è parte civile il Comune di Pietraperzia, assistito dall’avvocato e senatore Mario Giarrusso, membro della commissione parlamentare antimafia.