Con musiche originali per coro e petit ensamble di Teresa Rapisardi, il prossimo sabato 15 dicembre, nella Chiesa Maria SS. del Soccorso di Pietraperzia, sarà rappresentata “La tragedia di San Domenico” di Giuseppe Mistretta, prosa tratta dal libretto d’opera “Chiese, vulcani e miti di Sicilia”, Moderna Edizioni, 2017.
Con voci narranti di Giuseppe Mistretta e Lucia Micciché, la “Tragedia di San Domenico” è un’opera drammatica che si apre attraverso voci narranti dal marcato stile ottocentesco.
“Sicilia amata terra, di tramonti d’oro sconfinati la cui cornice è il mar solcato da vele e genti in tutti i tempi”. Sospeso il luogo, etereo l’aere, a mille metri tra le nubi Enna è un mondo da favola, e poi la nebbia fitta invernale, la pioggia, ed il freddo battente tipico dei luoghi d’alta montagna.
Il dramma lento, dolcemente e vellutato, seguito da cori dolci a tratti, armonico e fiero prende vita, così appare Castrogiovanni in cima nel ‘700 svelata nel suo intimo sociale, culturale e climatico .
“A’ Timpesta”, la caratteristica più aspra del luogo, diviene realismo su cui stendere storia e letteratura. I potenti temporali novembrini divengono analogia del male apparso; l’arte, la bellezza e la forza dei luoghi e della gente Siciliana, il bene opposto.
Nel dramma di S. Domenico, le due forze si scontrano in terra. L’uomo con le sue grandezze e debolezze, è lasciato libero di condizionare il registro universale della vita e della morte.
Muore Berto, il piccolo bimbo orfano di madre, che riparava nella stalla in attesa del padre.
A causa della tempesta, nella stessa notte perdono la vita Bernardo Verzi, padre di Gian Battista, e sua madre, donna Gaetana Maria Sartori, accorsa da Jamutti sino “O chianu ranni” perché in pena per il figlio.
È così che tutto vacilla, che la musica diviene tumultuosa, sferzante come di vento gelido, ed acqua battente.
Nulla in terra è per sempre, la famiglia, l’arte, la vita stessa. Tutto, in balia della sorte, tranne la fede.
Gian Battista, rimasto dentro la pia basilica col corpo in braccio esanime della madre, non rinuncia all’amore. Uomo d’arte sensibile, non sopporta l’idea di trascorrere la sua vita immersa nel dolore, intrisa di tristezza malarica che lo renderà morto pur rimanendo vivo.
Egli crede in Dio, nel suo perdono, non smette mai d’aver fede!
Gian Battista abbraccia l’idea che i suoi genitori, una volta morti, siano volati in cielo. A quell’idea si aggrappa disperato.
Fuggendo dalla chiesa come un matto malgrado la tempesta, dopo aver raggiunto un precipizio, si lancia nel vuoto, così diverrà, egli stresso, angelo capace di volare e raggiungere i suoi cari.
La vita è un Sacro dono. La sua rinuncia sull’altare dell’amore, mai ci allontanerà dal Nostro Creatore che regna su nel cielo, sa comprendere e amare oltre ogni immaginazione.

Giuseppe Sammartino