Avrebbe ripetutamente sottoposto a molestie sessuali la figlia, approfittando del fatto che la madre, dopo la separazione, aveva scelto di lasciarla con lui, per consentirle di finire gli studi, in un paese della provincia di Enna. Avrebbe costretto la piccola a subire continui baci e palpeggiamenti. Ma a un certo punto l’adolescente, una ragazzina di età inferiore ai 14 anni, ha deciso di basta per sempre, è tornata dalla mamma e ha trovato il coraggio di raccontarle tutto, per poi confermarlo dinanzi a un investigatore dell’aliquota della Polizia di Stato in servizio alla Procura di Enna. Così adesso quell’uomo, 48 anni, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione. La sentenza è stata emessa e depositata dal Tribunale collegiale di Enna, presieduto dal giudice Francesco Paolo Pitarresi e composto dai giudici Nelly Gaia Mangiameli e Andrea Agate.
L’imputato è stato riconosciuto responsabile del reato di violenza sessuale aggravata. Per lui, il pm Francesco Lo Gerfo aveva chiesto 8 anni e 4 mesi di reclusione. Al condannato ovviamente sono state imposte varie sanzioni accessorie, dalla decadenza della potestà genitoriale all’interdizione in perpetuo da qualunque ufficio inerente la tutela, la curatela e l’amministrazione di sostegno. È stato interdetto dai pubblici uffici per 5 anni e dichiarato in stato di interdizione legale durante l’espiazione della pena; interdetto in perpetuo da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio, servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori. A pena espiata, l’uomo non potrà avvicinarsi per un anno a luoghi frequentati abitualmente da minori, non potrà svolgere lavori che lo mettano a contatto con minori e dovrà tenere informati gli organi di polizia sui suoi spostamenti e sulla propria residenza. I giudici hanno infine condannato l’imputato al risarcimento danni nei confronti della vittima, ovvero della madre della piccola, che si è costituita quale genitrice della ragazzina, ancora oggi minorenne. La sentenza, oltre a ricostruire gli abusi, ne ricostruisce anche il contesto, una “complessa storia familiare” della bambina. E su un punto i giudici, che hanno valutato attentamente le dichiarazioni rese dalla vittima – ovviamente non riscontrabili perché al momento degli abusi erano presenti solo due persone, giungendo alla conclusione che il racconto è attendibile sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo – non hanno dubbi: “Va subito affermato – scrive la corte – che le emergenze dibattimentali hanno pienamente dimostrato la penale responsabilità dell’imputato”. Così si è giunti alla condanna di primo grado, eventualmente impugnabile in appello da parte della difesa.