In una scuola le mamme si scannano alla recita dei pargoletti per un posto in prima fila, magari per fare un filmino da pubblicare su Facebook. La dirigente, in Tv, si scusa perché “è passata un’immagine distorta di quella che è la sua scuola, generalmente considerata luogo di  bellezza”. 
E’ questo il problema?  L’immagine offerta? O l’analisi dell’evento?  La rissa è un fatto isolato, o quel posto in prima fila sta finendo per dare un senso alle nostre esistenze?
Da quando esistono i social, tutti belli, tutti in forma, tutti colti, tutti supercompetenti. Tutti perfetti. Le strade si svuotano tanto ci si vede su internet e meno male, perché a incontrarci di persona scopriremmo che nessuno è perfetto (grazie a Dio) . E in effetti, l’immagine che passa su internet sembra essersi sostituita a quella basata sulla conoscenza personale. L’immagine creata sembra oscurare la reale identità, ciò che si è, ciò che si fa,  il lavoro, i comportamenti quotidiani, le persone che frequentiamo, la stima conquistata con sacrificio.
Il processo di artificializzazione avviene alla velocità di un click,non c’è tempo per pensare, per ricordare chi è la persona che stiamo leggendo. 
E’ questo il nido perfetto in cui si covano le famose fake news. Inoltre, la velocità a cui viaggiano le informazioni, ha superato i limiti del reale che ci proteggevano. Se un ragazzino negli anni ’90 veniva preso in giro a scuola, si consolava pensando che “l’indomani si sarebbe parlato di qualcun altro e tutti si sarebbero dimenticati di lui”.  Oggi, se viene filmato e condiviso, difficilmente gli altri lo scorderanno. Un’altra ricchezza persa è il cambiamento delle proprie opinioni (la più grande ricchezza che abbiamo). L’individuo può cambiare sé stesso, ma soprattutto può cambiare idea,  pensare oggi una cosa e domani, a seconda degli stimoli ambientali che riceve, un’altra. Non è incoerenza, ciò che distingue l’uomo è la plasticità mentale, anche se nell’era dell’intelligenza artificiale, andiamo sempre più perdendo le nostre sfumature umane. Nel web, la persona,  perde il sacrosanto diritto di rettificare, perde finanche  il diritto all’oblio. A difesa del web possiamo dire che ci ha aperto una finestra sul mondo, che otteniamo facilmente  informazioni su tutto. Facebook ci ha permesso di ritrovare i compagni di scuola persi nel corso del tempo, i parenti lontani con cui condividere le nostre foto. Twitter ci permette di far conoscere le nostre opinioni a tantissime persone contemporaneamente, Instagram di essere ammirati negli scatti più belli. Tutto serve se criticamente usato, la conoscenza viene fondamentalmente  dall’esperienza, dal contatto con gli altri e con sé stessi, dalla condivisione reale, nel reale.  Nessuno scatto perfetto potrà mai sostituire uno sguardo. Prima si pensava che gli occhi fossero lo specchio dell’anima. Che ne è stato di questo detto?

Nunzia Villella