di Josè Trovato

La sera del 21 aprile 2015 una venticinquenne proveniente da un Paese del Nord Africa fu aggredita brutalmente dal suo ex fidanzato ennese, l’allora ventitreenne Giovanni Caramanna. Lui cercò di strangolarla e accoltellarla, poi si allontanò, fermò una volante e disse alla polizia: “L’ho ammazzata. Ho fatto una fesseria”. Fortunatamente però la giovane riuscì a cavarsela, per così dire, con trenta giorni di prognosi – perché la coltellata la centrò a un braccio – e adesso quel giovane, dopo aver trascorso più di 3 anni agli arresti domiciliari, è stato arrestato per scontare ciò che resta della sua condanna a 4 anni, sempre in regime di detenzione domiciliare. L’arresto è stato eseguito dagli agenti della squadra mobile di Enna, diretti dal vicequestore Gabriele Presti e coordinati dal commissario capo Emanuele Vaccaro, in esecuzione di ordine emesso dal pm di Enna Francesco Lo Gerfo.
La condanna era divenuta definitiva alcuni mesi fa, dopo che la Cassazione respinse il ricorso del difensore del giovane, l’avvocato Luigi Ticino. Il giovane imputato in primo grado aveva preso 5 anni e 4 mesi, inflitti dal gup Elisabetta Mazza. La pena fu ridotta in appello. Inoltre l’imputato è stato condannato al risarcimento danni nei confronti della vittima, che nel frattempo è tornata a vivere nel suo Paese. L’avvocato Gianpiero Cortese ha difeso sin da subito la giovane, con il gratuito patrocinio in “nome”, ha spiegato, “della funzione sociale dell’avvocatura”. “Non si può essere contenti della sentenza dopo una simile storia, che ha avuto implicazioni molto gravi. La mia cliente oggi non vive più in Italia – disse l’avvocato Cortese nel momento in cui la condanna divenne definitiva -. Si chiude il procedimento giudiziario, ma le conseguenze rimarranno per sempre nel cuore delle persone coinvolte. Solo un miracolo ha evitato che fosse l’ennesima cronaca di un femminicidio. Chiederemo i danni, ma nulla potrà ripagare questa ragazza per le profonde ferite morali e materiali che ha subito”.
L’indagine è stata condotta proprio dagli uomini della Squadra Mobile. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, lui l’avrebbe aggredita perché non accettava che la giovane, dopo la fine della loro storia, potesse avere una relazione con un altro uomo. Nelle concitate fasi dell’aggressione, lui le avrebbe detto: “O sei mia o non sei di nessuno. Non uscirai viva da qui”.