di Angelo La Barbera *

“Ghosting” è un neologismo recente che sta a indicare le sparizioni improvvise dalla vista e dalla vita delle persone con cui fino a quel momento si era in buoni rapporti, senza fornir loro una qualsivoglia spiegazione. La persona che scompare, trasformandosi in un “fantasma”, generalmente pensa soltanto a sé stessa. Di fronte a una situazione scomoda, sceglie la scorciatoia della fuga senza preoccuparsi della sofferenza che può procurare agli altri, sceglie di non soffermarsi sulle conseguenze delle proprie azioni.
Da un punto di vista psicologico, si tratta di una tattica interpersonale passivo-aggressiva,  utilizzata sia in ambito sentimentale che in ambito dei rapporti  di amicizia e di lavoro. Quindi la maggior parte delle persone che incontriamo potrebbe essere un cosidetto “ghoster”. Diversi studi hanno dimostrato che l’idea fantasiosa che pare celarsi dietro questo comportamento sembra essere un pensiero di questo tipo: “mi rendo in fantasma così faccio capire in modo indolore all’altro che l’interesse si è esaurito, senza dirglielo brutalmente in faccia”.
In realtà chi attua questo comportamento non fa altro che evitare le responsabilità emotive legate alla decisione di voler interrompere una relazione interpersonale evitando il peso del confronto. L’inclinazione di personalità  si manifesta  attraverso un egocentrismo malsano,  il ghoster sembra ricercare continuamente l’ammirazione da parte degli altri, l’affermazione personale e non prova empatia. Per queste persone la relazione rappresenta un mezzo per nutrire solo i loro bisogni, dove sia i sentimenti  che la loro fine per il ghoster sembrano essere cose semplicissime.
Quando il ghoster sparisce e poi ritorna, si parla del fenomeno che può evolversi nel cosiddetto “zombieing”, sono  i ghoster  che resuscitano tutto d’un tratto, appunto come uno zombie, dopo aver chiuso una frequentazione, senza  dare spiegazioni, di colpo. In questi casi vediamo come dopo mesi di vuoto un ex amico o ex amoroso possa riapparire, quasi come per magia,o con un messaggio nostalgico sul cellulare, o con un like o una reazione sui social, con il solo intento di mantenere un controllo sulla “persona lasciata”, pur non desiderando una vera relazione.
Il ghosting  sembra lasciare nelle persone trascurate, oltre che l’impossibilità di capire cosa sia successo e del perché sia finito tutto,  anche l’impossibilità di elaborare tale chiusura che potrebbe di conseguenza creare delle fragilità nella loro autostima.
Il ghosting rappresenta un vero e proprio abuso psicologico, anche per il ghoster.  In quanto questo atteggiamento possa dare serenità nell’immediato e restituisce una libertà “senza la fatica della spiegazione”, non faciliterà naturalmente la vita. Prima o poi il ghoster si ritroverà a dovere gestire le conseguenze dell’evitamento, ovvero il senso di colpa, la paura , la convinzione di non sapere gestire il dolore, la mancanza di autonomia. L’assunzione frequente di “ vie di fuga” non fa altro che rafforzare l’ansia e il timore di ogni possibile situazione di conflitto o di confronto.
Per concludere anche in passato c’erano persone che scomparivano all’improvviso. Incapaci di mettersi nella pelle degli altri, che guardavano soltanto al proprio tornaconto. Oggi sparire nel nulla, sembra più facile e normale di un tempo grazie alla comunicazione via Internet. Nel mondo virtuale della Rete, la comunicazione  può essere interrotta da un semplice clic in qualsiasi momento. Su internet la soluzione è semplice quando non si riesce a gestire la conversazione: si smette di rispondere, si silenzia la chat o si va direttamente offline. Una modalità che molti trasferiscono nel mondo reale, quando non vogliono assumersi le proprie responsabilità.
* Psicologo 

Bibliografia:

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