di Josè Trovato

LEONFORTE. Nove condanne e un’assoluzione. Si è chiuso così il processo alla nuova mafia organizzata di Leonforte tra estorsioni e droga, scoperta dagli agenti del Commissariato di Leonforte e della Squadra Mobile di Enna nell’operazione Good Fellas, sotto il coordinamento del Pm Roberto Condorelli della Dda di Caltanissetta.
A condurre le indagini è stato il personale di polizia diretto dal commissario capo Alessio Puglisi e dal vicequestore Gabriele Presti. La sentenza, emessa con rito abbreviato dal gup di Caltanissetta Valentina Balbo, ha inflitto 10 anni di reclusione e 10 mila euro di multa a Giuseppe Arcaria, detto “Pino mafia”, 8 anni 8 mesi e 8 mila euro di multa a Salvatore Oglialoro, 8 anni a Natale Cammarata, 12 anni e 12 mila euro di multa all’agirino Antonino Scaminaci, 5 anni e 2 mila euro di multa al leonfortese Angelo La Ferrara e al valguarnerese Antonino Lambusta, 2 anni e 6 mesi e 14 mila euro di multa al catanese Adamo Davide Laiacona, 2 anni e 4 mesi all’agirino Filippo Pergola, 1 anno e 2 mila euro di multa a Gaetano Scaminaci di Gravina di Catania (con pena sospesa). Assolto con formula piena, per non aver commesso il fatto, invece, il giovane leonfortese Walter Frasconà, guardia giurata, che era accusato di associazione mafiosa, nipote di Salvatore Cutrona, ucciso dalla mafia nel 2015. Frasconà è difeso dall’avvocato Ones Benintende.

Walter Frasconà, assolto “per non aver commesso il fatto”


Arcaria, Cammarata, Oglialoro, Antonino Scaminaci, La Ferrara e Lambusta sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e dichiarati in stato di interdizione legale durante l’espiazione della pena. Arcaria, Cammarata, Oglialoro, Antonino Scaminaci, La Ferrara e Lambusta sono stati inoltre condannati al risarcimento dei danni alla Fai, il coordinamento Sicilia della Federazione delle Associazioni antiracket, nonché ai Comuni di Leonforte e Agira, da liquidarsi in sede civile, più una provvisionale di 5 mila euro in favore di ciascuna delle tre parti civili.
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giulio Magnifico, Ignazio Maccarrone, Ones Benintende, Antonio Impellizzeri, Vincenzo Franzone, Cristofero Alessi, Gaetano Grassia, Salvatore Pappalardo e Vania Giamporcaro. 
L’accusa di associazione mafiosa è contestata a Oglialoro, Arcaria, Antonino Scaminaci e Natale Cammarata, oltre che a Salvatore Seminara, detto “zio Turi”, boss provinciale di Cosa Nostra, processato a parte. L’accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, invece, è contestata a Cammarata, Antonino Scaminaci e Pergola. Laiacona è ritenuto un fornitore di droga; mentre Gaetano Scaminaci è imputato per una singola ipotesi di cessione di stupefacenti risalente al 29 marzo 2017. Infine ci sono le ipotesi di concorso in estorsione, contestate a vario titolo – e per differenti singoli episodi – ad Arcaria, Oglialoro, Antonino Scaminaci e Cammarata, il valguarnerese Lambusta e il leonfortese La Ferrara. Gli ultimi due sono indagati esclusivamente per un’ipotesi di estorsione. A vario titolo avrebbero costretto, secondo l’accusa, due imprenditori a rinunciare al progetto di aprire una nuova scuola guida in paese. Un’ipotesi che tutti gli indagati hanno contestato e che era caduta al Riesame in sede cautelare, ma che evidentemente adesso ha retto.
Si tratta di una sentenza di primo grado. Una volta depositate le motivazioni si apriranno i termini per eventuali ricorsi in appello delle difese.

Giuseppe Arcaria


Salvatore Oglialoro


Antonino Scaminaci


Natale Cammarata


Antonino Lambusta


Angelo La Ferrara