di Adriano Licata

Un secolo fa Pirandello formulava la filosofia del lanternino: ogni uomo conosce poco della realtà che lo circonda, poiché dotato di un lanternino che non genera luce a sufficienza per vedere tutto così com’è realmente.
Internet rappresenterebbe il faro, la soluzione: la possibilità di fare luce su ogni angolo del sapere attingendo informazioni da un pozzo praticamente senza fondo. Qualcosa deve essere andato storto a causa – ovvietà – dell’effetto distorsivo dei social network nella vita di ciascuno di noi. Perchè da rete per lo scambio di contatti e opinioni, il social ormai è assurto a surrogato universale dell’informazione e del sapere. In pochi anni è diventato la gazzetta ufficiale dove procurarsi non solo il bollettino meteo ma anche consulenze mediche e finanche pareri legali.
Tutto fa brodo ma il venir meno di ogni filtro tra utente e fonte porta dritti al caos. Perchè anche se non ce ne accorgiamo, la disintermediazione digitale ci sta peggiorando e sta provocando un disimpegno di tipo cognitivo: tanto ormai trovi tutto online.
Più della metà degli utenti si informa per lo più su Facebook. Significa aumento del confronto soggettivo ma calo della affidabilità oggettiva delle fonti di informazione; maggiore esposizione alle balle messe in rete da lucratori professionisti. E a dispetto dell’ovvio, dovremmo chiederci se questa è davvero una conquista. Perchè se nel mare magnum dei social non si riesce più a distinguere il vero dal falso e le notizie ufficiali dai punti di vista personali, si rischia che credulità e scetticismo diventino facce della stessa medaglia.
Questo aldilà delle apparenze si chiama appiattimento critico: partecipazione in gregge con delega in bianco alla attendibilità del post successivo nel panta rei della home. Senza volere scorri, vedi e recepisci. La ricerca su internet che da strumento di conoscenza diventa fine, a se stesso.
Giudizi totalizzanti, indignazioni di massa a breve scadenza e rigida affermazione delle proprie convinzioni individuali e dei gruppi in cui ci identifichiamo. Produzione bulimica di interazioni e punti di vista indispensabili per rimanere sintonizzati col mondo e restare aggiornati. Ma per sapere cosa? Tutto di tutti. O forse niente, ma tutti ci stiamo e nessuno si fida. Quot capita, tot sententiae.
Le parole ormai sembrano essere troppe e troppo uguali: non c’è tempo per la differenziata.
Resta solo da chiedersi se questo è progresso o, superata la filosofia del lanternino, siamo tornati al mito della caverna di Platone, impegnati come siamo a confidare solo nelle verità fai da te.
Comunque la si pensi, sarebbe utile disattivare il pilota automatico e tornare a usare la sempre cara capacità di discernimento che il digitale non potrà mai sostituire.
Perchè se non riusciamo a ricordare a noi stessi che internet e varietà nacquero per essere strumenti a disposizione dell’uomo e non viceversa, significa che ci siamo definitivamente rincretiniti.