di Josè Trovato

L’operazione Cerberus è il seguito ideale dell’operazione “Good Fellas”, diretta a giugno del 2017 dalla Dda di Caltanissetta e condotta anch’essa dalla Squadra Mobile di Enna e dal Commissariato di Leonforte.
Durante le indagini, sarebbe già emersa la figura di Bruno, ritenuto rappresentante di fatto di Cosa Nostra a Calascibetta – una delle cinque famiglie tradizionali in provincia di Enna – e di due imprenditori cognati e soci, Di Venti e Falzone, titolari di un impianto per la produzione di calcestruzzo, strettamente legati a Bruno e in passato anche al boss Gaetano Leonardo, detto “Tano u liuni”.
Sulla figura di Bruno, per gli investigatori, ci sarebbero vari elementi convergenti tra loro. Di lui aveva parlato un collaboratore di giustizia, secondo cui, dopo l’investitura di “sacchinedda”, Giovanni Fiorenza, a capoclan di Leonforte, quest’ultimo avrebbe preteso da una persona di Calascibetta la restituzione di una “tangente” precedentemente riscossa ai danni di un imprenditore del posto. Questa circostanza, inoltre, sarebbe stata confermata dall’indagine Homo Novus: nel lavaggio di Fiorenza sarebbe giunto un furgone da cui sarebbe sceso proprio Bruno, rimasto nell’attività per pochi minuti. Inoltre Bruno, assieme a Di Venti sarebbe stato “convocato” dal boss provinciale di Cosa Nostra Salvatore Seminara, detto “zio Turiddu”, e Di Venti rimproverato di non aver rispettato degli accordi relativamente a una fornitura di calcestruzzo.
Un altro pentito, poi, ha aggiunto di aver visto Bruno assieme a Falzone dal vecchio boss Giovanni Mattiolo, nel ’97, per chiarire una questione: Di Venti e il suo socio, in pratica, doveva essere lasciato in pace dal pagamento delle estorsioni, che all’epoca venivano riscosse da due aidonesi.
Già allora si diceva che Bruno fosse il referente di Cosa Nostra a Calascibetta.