Il giudice del Tribunale di Enna Alessandra Maira ha condannato a 6 mesi di reclusione, pena sospesa, la ginecologa dell’ospedale Umberto I Luigia Terranova per omicidio colposo. Il caso è quello del decesso del piccolo Saverio, figlio di una coppia di Mazzarino, nel Nisseno, morto a Catania un mese e mezzo dopo il parto, all’Umberto I di Enna, il 23 aprile 2016. La dottoressa è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali e di una provvisionale di 20 mila euro in favore dei genitori di Saverio.
Il bimbo, come detto, è nato a Enna nella notte tra il 22 e il 23 aprile 2016. Le sue condizioni sono apparse gravissime: venuto al mondo dopo un parto lunghissimo, concluso con un cesareo d’urgenza, con lesioni cerebrali. Il giudice ha assolto per non aver commesso il fatto il ginecologo Giuseppe Lanza. Secondo la Procura, a Enna ci sarebbe stato un ritardo nell’effettuazione del cesareo e questo avrebbe provocato le gravissime lesioni che portarono alla sua morte. Alle 21,15 di quella sera, secondo l’imputazione, la dottoressa Terranova avrebbe iniziato, pur non essendo “né di turno né reperibile”, le procedure per il parto spontaneo con ostetrico e infermiera. Alle 0,10, visto che il parto naturale sarebbe stato impossibile, avrebbe deciso per il cesareo, ma a quel punto in sala operatoria era in corso un altro parto – d’urgenza e “difficoltoso”, anche perché la partoriente era gravemente obesa – gestito dalla dottoressa Valeria Mazzola, che decise di concludere il proprio delicato lavoro. A quel punto, per la Procura, la Terranova avrebbe dovuto chiamare subito l’anestesista reperibile. La dottoressa Terranova è difesa dall’avvocato Peluso, Lanza dall’avvocatessa Irene Faraci. La famiglia del piccolo Saverio invece è assistita dall’avvocato Giuseppe Bonadonna. “La piena dichiarazione di innocenza del dottore Lanza – afferma l’avvocato Faraci – racchiusa dal Giudice nella formula “per non avere commesso il fatto” , è espressione di una verità storica, che oggi è anche verità processuale, ovvero la totale estraneità del Lanza ai fatti di causa”.