di Josè Trovato

Domani è il 25 aprile. Non è passato molto da quando era festa di tutti, o quantomeno ci si sforzava di isolare gli estremisti. Non c’erano governanti e oppositori, in questo giorno, solo amor di patria e voglia di rivendicare la nostra libertà dalle oppressioni dittatoriali del Nazi-Fascismo. Stop. Non servivano approfondimenti e non c’era neppure bisogno di ricordare la storia. Perché in fondo la storia, pur essendo scritta dai vincitori, univa tutti. Non si divideva neppure la politica, neanche nel più recente passato. Anche nel più recente bipolarismo di berlusconiana memoria, nonostante qualche tentativo isolato di riscaldare i toni, l’onestà intellettuale aveva la meglio.
Anzi fu proprio quello il periodo in cui una certa destra riuscì a sdoganare sé stessa. Ricordo l’allora popolarissimo leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini in visita allo Yad Vashem, al museo dell’Olocausto di Gerusalemme, dire che “le leggi razziali furono infami”. Pure lui, di destra ma dotato di cultura e mente aperta, non esitò ad affermare che si devono “denunciare le pagine di vergogna che ci sono nella storia del nostro passato. Bisogna farlo per capire la ragione per cui ignavia, indifferenza, complicità e viltà fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo”.
Erano i primi anni Duemila.
Non è passato un secolo.
Sembra passato un secolo.
Scrive oggi il professore Giuseppe Carlo Marino, già ordinario di Storia contemporanea all’Università degli studi di Palermo (che sono onorato di considerare sempre il mio professore), sul suo profilo Facebook.
Se fossimo ancora una Paese serio, e capace di esprimere un’unitaria coscienza nazional-popolare, dovremmo viverla questa festa così come in Francia si vive e si celebra il 14 luglio.
Il 25 aprile, festa di tutti gli italiani per celebrare la nostra liberazione dal peggio di quel che la lunga storia di un dominio di classe aveva imposto al nostro Paese (fascismo, nazismo, razzismo, catastrofe militare, subordinazione servile allo straniero, ecc.)”.
Secondo il professore Marino, però, oggi “Salvini la stigmatizza volgarmente”, mentre “Di Maio è impegnato in ipocrite manovre per far finta di condividerla senza però disturbare la parte neofascista del suo elettorato. Evidentemente, l’attuale governo (per quanto vanti di acquisito consenso) vorrebbe indurci a credere che non ci compete una festa nazional-popolare, una festa di tutti gli italiani. E’ un governo che fonda la sua legittimità democratica su un popolo frantumato, invelenito e succube dei provincialismi delle sue piccole e litigiose contee”.
Infine un monito e un appello: Non consegniamoci passivamente a questa sorte – conclude il professore Marino -: già il grande movimento della Resistenza antifascista tanti anni fa si era mostrato capace di non subirla e con un moto di riscatto risorgimentale ci aveva donato la Costituzione della Repubblica. Manifestiamo insieme nelle piazze rinnovando le energie civili di quel Risorgimento. Rivendichiamo di essere meritevoli di una festa di tutti gli italiani!”.