Mettono in giro le sue immagini hard e anche un video in cui sta compiendo atti di “auto stimolazione sessuale”. E il tutto, con tanto di documento di identità allegato, finisce per essere recapitato a numerosi indirizzi di posta elettronica, tra cui le e-mail di lavoro di alcuni dipendenti del Comune di Enna. Per questo viene aperta un’inchiesta, ma anziché ritenerlo vittima, finisce sotto processo lui, il protagonista delle immagini, un trentatreenne di origini rumene (ma che vive in Italia da parecchio tempo), accusato di “pubblicazioni e spettacoli osceni”, un reato contravvenzionale punito dall’articolo 528 del codice penale.
Adesso però quel giovane, che è difeso dall’avvocato Michele Caruso, è stato assolto con formula piena: c’è voluto un processo per dimostrare che a diffondere quelle immagini, dal contenuto innegabilmente imbarazzante, non era stato lui. La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico Marco Lorenzo Minnella, secondo cui, l’istruttoria dibattimentale, ha dimostrato l’innocenza dell’imputato. Peraltro, tra i destinatari delle immagini osé c’era pure, oltre agli indirizzi del Comune, il suo datore di lavoro, il proprietario dell’azienda dove il giovane lavorava da tanti anni: diffonderle, è stato chiaro al termine dell’istruttoria, era una palese vendetta contro di lui, non certo un atto di voyeurismo.
Molto probabilmente, scrive il giudice, le mail furono inoltrate dalla sua ex fidanzata “quale ritorsione per la rottura” della loro relazione, che aveva deciso lui.
Mai sottovalutare la rabbia di una ex delusa.