La Procura di Enna ha iscritto otto persone dell’area dei Nebrodi sul registro degli indagati per il reato di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, falso e riciclaggio. E’ scattato così il sequestro di beni per mezzo milione di euro. Il cuore della vicenda riguarderebbe la zona di Capizzi, nel Messinese, ma è un’inchiesta che riguarda anche il territorio ennese. Il sequestro per equivalente è stato eseguito dal Corpo Forestale dello Stato, dai carabinieri e dalla Guardia di Finanza del comando provinciale. L’inchiesta è coordinata dalla Procura, diretta dal procuratore capo Massimo Palmeri, nell’ambito di un’inchiesta di cui è titolare il sostituto Francesco Rio. L’ordinanza emessa dal Gip Elisabetta Mazza riguarda un sequestro per equivalente pari a 500 mila euro, operato dal Corpo Forestale e dalle Fiamme Gialle.
E sempre la Procura, allo stesso tempo, ha ottenuto anche due misure cautelari di obbligo di presentazione quotidiana all’autorità di pubblica sicurezza, provvedimenti eseguiti dai carabinieri. Sono i frutti di quella che la magistratura requirente definisce una capillare attività di indagine, portata avanti dal personale della Sezione di Pg presso la Procura del Corpo Forestale dello Stato, con il supporto dei Carabinieri – sia della Sezione di Pg che del Nucleo Investigativo di Enna – oltre che della Guardia di Finanza. Le indagini riguardano nello specifico la percezione di contributi comunitari per l’agricoltura dell’Agea in favore di aziende agricole a vario titolo riconducibili agli indagati. L’attività investigativa, che è ancora in corso nei confronti di centinaia di altri soggetti delle province di Enna, Catania e Messina, ha accertato in tutto denaro ricevuto illegalmente per oltre 80 milioni di euro. L’inadeguatezza dei controlli sull’agricoltura effettuati in questi ultimi dieci anni avrebbe infatti permesso ad alcuni delle centinaia di indagati, di creare un sistema illecito dagli utili paragonabili a quelli del traffico delle armi o della droga, ma con minori rischi dal punto di vista penale.
I falsi e le truffe sarebbero stati agevolati dalla complicità di alcuni CAA (Centri Assistenza Agricola), che permettevano che le credenziali loro assegnate dal SIAN (Sistema Informatico Agricolo Nazionale) per l’inserimento e validazione dei dati contenuti nei fascicoli delle aziende agricole, e legate in modo esclusivo all’operatore del CAA o al responsabile di sede CAA, venissero utilizzate anche da terzi soggetti compiacenti.
L’indagine, stando sempre agli investigatori, confermerebbe che alcuni indagati non solo avrebbero utilizzato indebitamente particelle catastali di terreni ricadenti in Sicilia, ma avrebbero anche dichiarato il possesso o la proprietà di beni demaniali, sia in Sicilia che in altre regioni d’Italia, attraverso la presentazione di falsi contratti di conduzione o dichiarazioni sostitutive.
Inoltre, le investigazioni, coordinate dai sovraordinati Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, e dal Comando Regionale del Corpo Forestale dello Stato, hanno permesso di sviluppare un’attenta analisi sull’attribuzione ed il successivo passaggio dei titoli AGEA, attribuiti dalla Riserva Nazionale, che ha messo in evidenza una falla nel sistema di assegnazione e di attribuzione dei relativi contributi comunitari.
La Procura di Enna sta verificando se esista o meno una regia comune in ordine alle consistenti truffe perpetrate da alcuni soggetti coinvolti.

Nella foto, il procuratore di Enna Massimo Palmeri