Il Programma dell’ONU  per lo Sviluppo pubblica periodicamente rapporti  che riguardano il Maghreb e il Medio Oriente. Il più recente, di queste settimane, non è affatto consolatorio ed è interessante conoscerne i dati più significativi in tema di sviluppo umano.  E’ quello che fa in un saggio l’analista Laurent De Saint Perier, che qui  traduciamo in sintesi.
Stati  al fallimento, allarme massacri e ‘guerra mondiale’, ondate umane di rifugiati, terrorismo internazionale. Dopo le rivoluzioni arabe del 2011 nel  mondo si susseguono scosse continue.
Cosa ci aspetta nel futuro? Il Rapporto dedicato al mondo arabo è una fonte di dati che ci possono aiutare a leggere il presente e le tendenze, sulla base di una grande quantità di dati che vengono forniti,  a cui rimandiamo.
Se analizziamo le ‘manifestazioni pubbliche’ in Nord Africa dal 1996 al 2011 osserviamo che le rivolte del 2011 sono state il culmine di un ciclo di contestazioni che si sono sviluppate, dal 1996, intensificate nel 2001, 2006 e quindi nel 2011. Il 2017 potrebbe essere un anno di ulteriori esplosioni sociali.
Se in particolare analizziamo, come fa il Rapporto, la condizione dei giovani, principali attori degli avvenimenti del 2011, ne ricaviamo una visione pessimistica e la critica aperta ai sistemi vigenti.  All’inizio del 2017 “i giovani sono molto preoccupati  riguardo al loro futuro e paralizzati da un profondo senso di discriminazione e esclusione” di cui sono considerati principali responsabili  i poteri pubblici che governano i vari Paesi. La loro negligenza nel rispondere ai bisogni della gioventù e le poliiche prseguite, che li marginalizzano, “hanno consolidato un sentimento di amarezza e risentimento”.
Nel 2050 un terzo delle popolazione araba (604 milioni, che erano 350 nel 2010) avrà meno di 30 anni. 
Le ‘rivoluzioni’ del 2011 sono state espressione diretta di queste frustrazioni e dopo cinque anni poco è stato fatto per dare risposta alle rivendicazioni di allora.
Redistribuzione estemporanea delle risorsa idrocarburi nei Paesi del Golfo e il Algeria, ritorno ad una ‘stabilità’ autoritaria in Egitto: esempio di soluzioni inadeguate e provvisorie.
I modelli di sviluppo incentrati sul ruolo dello Stato , che privilegiano l’impiego nel settore pubblico e gli aiuti alimentari di base consentono di contrastare la povertà, ma sono investimenti a perdere.
Delle politiche di liberalizzazione intraprese negli ultimi tre decenni hanno beneficiato le oligarchie legate al potere, in tutti i Paesi.
In Libia, Yemen, Siria, Iraq l’aggravarsi dello stato di guerra spinge la gioventù verso gli estremismi, anche se il rifiuto di Daesh è di massa, in tutta l’area.
Un altro elemento   descritto dal Rapporto disegna la spirale del declino: all’esame dell’Indice dello sviluppo umano  (IDH) su sei grandi aree del pianeta, il mondo arabo è la sola regione che continua a decrescere costantemente.                                                                                                                                                                                                                   Una gioventù istruita, in condizioni di salute migliori, più connessa al mondo rispetto alle generazioni  precedenti  è marginalizzata, imbavagliata e sfavorita nella ricerca del lavoro .         
Il Rapporto si conclude con una serie di indicazioni molto problematiche: riformare le strutture macroeconomiche, riformare la sanità, l’insegnamento  e il mercato del lavoro, affrontare profonde riforme politiche.                                                                                                                                                                                                     La cura prescritta è pesante, ma invita drammaticamente ad operare “perché questa gioventù invece che rappresentare un enorme potenziale per la costruzione del futuro può diventare un  potenziale  di incontenibile distruzione”.      
           
Per MEDITERRANEA
Carla Pecis – 8 gennaio 2017