“I giornalisti pubblicisti possono avvalersi del segreto professionale come i colleghi professionisti: è quanto da noi sempre sostenuto, in una battaglia di civiltà e di libertà che portiamo avanti da anni, al fianco di valorosi cronisti finiti sotto accusa per non avere rivelato le proprie fonti. Siamo felici che adesso questo principio sia stato sancito anche dalla Corte d’appello di Caltanissetta, nelle motivazioni della sentenza che ha scagionato Josè Trovato e Giulia Martorana”.
Lo dichiarano, in una nota congiunta, il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena, e il segretario dell’Associazione siciliana della Stampa, Alberto Cicero.
I giornalisti Trovato e Martorana, corrispondenti da Enna rispettivamente del Giornale di Sicilia e della Sicilia, erano stati accusati di favoreggiamento per non aver voluto rivelare le fonti di una notizia: l’imputazione era collegata al fatto che il codice di procedura penale riserva la facoltà di avvalersi del segreto solo agli iscritti all’elenco dei professionisti, mentre i due erano entrambi pubblicisti.
Nel processo i due imputati erano stati assolti sia dal giudice monocratico di Enna che dalla Corte d’appello nissena. Nelle motivazioni – ora depositate – di quest’ultima decisione, la presidente del collegio, Andreina Occhipinti, scrive che l’ordinamento della professione di giornalista non evidenzia, “fra le prestazioni rese da un giornalista professionista e quelle rese da un giornalista pubblicista, differenze di ordine qualitativo”, ma solo di tipo quantitativo, che “non possono essere ritenute ostative ad una interpretazione estensiva della norma” sul segreto professionale.
“È la tesi che sosteniamo da anni, con forza e nonostante resistenze e pregiudizi, alimentati da chi specula su anacronistiche divisioni tra professionisti e pubblicisti – dicono Cicero e Arena – certi come siamo che non vi siano differenze sostanziali, né possano essere avallate discriminazioni di alcun tipo: l’unica distanza che va tracciata con forza è tra coloro che fanno e vivono di questo mestiere e coloro che, pur non facendolo o non avendolo mai fatto, pretendono di governarlo”.