Nelle ultime ore la notizia che a Villarosa sono stati arrestati quattro probabili appartenenti a famiglia mafiosa.  Entusiasmo e rassegnazione configgono col cappuccino della colazione degli ennesi.
Tra i tanti luoghi comuni dell’Isola, tra i riverberi linguistici che siamo abituati a sentire fin da bambini e che ci accompagnano fino alla vecchiaia, tra quei modi di dire che forgiano personalità e sicilianità, c’è questo refrain che la mafia non si può sconfiggere.
La Mafia non si può sradicare, perché è violenta, perché ammanicata con la politica, perche collegata alla massoneria, perché gestisce miliardi di euro come fosse uno Stato, perché è omertosa, perché aiutata dall’omertà, perché corrompe, inquina, determina, perché c’è sempre stata e sempre ci sarà, come fosse Dio, la natura, l’essenza stessa della Società.
Assurdamente e quasi assolutamente vero. Non si può disconoscere né negare che la gestione dei conflitti si risolve spesso con l’uso della forza e della violenza e, sappiamo, che l’Organizzazione criminale, per stessa costituzione, si avvale di una prevalenza dell’uso della violenza rispetto agli altri spezzoni della Società, da quella politica a quella imprenditoriale. Questo è un punto di forza della mafia o delle mafie se si preferisce.
Lo Stato reagisce come può. Indagini, arresti, sequestri bancari. La società reagisce come può. Interventi nelle scuole, informazione, campagne giornalistiche. Le forze produttive reagiscono come possono. Denunciano estorsioni, si organizzano in Comitati antiusura, e così via…
Ognuno mette qualcosa. Alcune cose mettono qualcuno. La Magistratura, le Forze dell’Ordine, la Politica, il Giornalismo, i Sindacati, l’Imprenditoria, hanno messo donne e uomini a svolgere quotidianamente la loro opera contro la delinquenza, la criminalità organizzata, la mafia. Tutti hanno pagato e pagano prezzi altissimi. Qualcuno ha pagato col proprio sangue e il dolore di chi li amava.
Giovanni Falcone dice (non uso il passato volutamente) che “la mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà una fine”. Si stendono lenzuola bianche e si da inizio ad una nuova cultura antimafia. Non quella dei professionisti dell’antimafia di sciasciana definizione, ma quella degli uomini comuni, dei singoli commercianti, delle associazioni giovanili, degli onesti semplici, quelli a cui non tocca un articolo di giornale, né un posto al Parlamento, né premi e cotillons.
Inizia un nuovo percorso ma la mafia è ancora lì. Presente con i suoi tentacoli e i suoi nomi che fanno pensare a cose diverse ma che hanno lo stesso sapore di sangue e di miseria. Mafia, ‘ndrina, camorra, narcos, cartelli messicani e Sacra Corona Unita…
Saviano racconta che i Cartello messicano  degli Zetas o di quello del Golfo  (a memoria non ricordo bene e mi scuso con voi), spende 50.000 euro al mese per acquistare elastici. Questi servono per tenere insieme rotoli di dollari, di peseta, di euro, di qualsiasi banconota raccolta in cambio di cocaina.
I soldi non si contano più in quegli ambienti, si pesano. Altro che Finanziaria.
E allora si torna a dire che la mafia, è invincibile, non si può sconfiggere. Forse è vero… ed ammettiamo che sia vero. C’era una volta Caino e c’è ancora. La mafia non si può sconfiggere, e neanche il mare si può asciugare, la luna non si può prendere e la mamma degli imbecilli è sempre incinta. Però…
La mafia non è un’evanescenza mistica, né un esercizio intellettuale; è un’organizzazione di uomini e donne, è la definizione corporativistica dei mafiosi.  Uomini e donne, ragazzi, gente organizzata in gerarchia, con gli insospettabili che comandano e pesano i soldi, e le milizie ed affini che fanno una vita di merda, con la paura di essere uccisi o arrestati, che vivono parte della loro vita in galera e l’altra a nascondersi.
Gente che non può abbracciare i propri cari, che non può godere del sole se non in una campagna sperduta; che vive in bunker, stanze segrete con cessi chimici, Bibbia e pistole sul comodino, processi, carceri  e carcerieri, compagni di cella che cambiano e famiglie lasciate nella miseria.
Sempre più spesso capita che le famiglie di detenuti per associazione mafiosa ricorrono all’aiuto dello Stato per sopravvivere.
La mafia forse non finirà mai, come la mamma degli imbecilli e dei Caino è sempre incinta.
Ma i mafiosi finiscono in galera e fanno una vita di merda, prima, durante e dopo la loro carriera criminale.
A Villarosa, questa mattina, questo concetto è ancora più chiaro.

Paolo Garofalo