L’ultima assemblea nazionale del Pd è stata un bell’esempio di archeologia sperimentale applicata alla politica. Solo che al posto della fusione del bronzo o della scheggiatura della selce, abbiamo assistito ad una rievocazione storica che poteva essere ambientata negli anni ’50. Lasciamo da parte le sterili polemiche di quelli che faranno la rivoluzione per mettere su minuscoli partitini che esisteranno solo per soddisfare l’ego di qualcuno.
Proviamo a porci qualche domanda.
Durante l’Assemblea ci sono stati 27 interventi, di cui 22 di uomini e 5 di donne. 
5 su 27. Il 17,8 %. 
Una percentuale residuale ma con un’incidenza politica e mediatica eccezionale. L’intervento forse più apprezzato e visualizzato nei giorni successivi è stato quello di Teresa Bellanova, che ha entusiasmato per la competenza, la visione politica e la trascinante oratoria.
Perché però solo 5 relatrici?
Abbiamo il dovere di interrogarci e chiederci perché.
Nel Partito Democratico militano donne molto intelligenti e capaci. Perché così poche hanno pensato che il loro contributo fosse determinante in quel contesto? Forse hanno pensato che gli uomini intervenuti potessero rappresentare esattamente il proprio pensiero?
E ancora, in questo balletto di candidati alla segreteria perché non abbiamo sentito neanche accennare al nome di una donna?
Cosa manca ancora nel percorso delle donne nel Partito Democratico, nei partiti, in politica perché ci sia un moto che dal basso ritenga quel contributo indispensabile?
Negli ultimi governi molte donne hanno assunto ruoli di prestigio e gestito ministeri pesanti come la difesa, gli affari esteri, la giustizia… Hanno dimostrato competenza, capacità decisionale e di mediazione.
Queste donne rivestono ruoli affidati loro da uomini di potere. Come se si dovesse sempre aspettare che sia un uomo a concedere alle donne lo spazio per dimostrare le proprie capacità.
Forse bisognerebbe ribaltare questo approccio, divenendo positive e propositive.
Forse bisognerebbe abbandonare la logica del cercare di essere scelte dal leader politico di turno e farsi avanti. Senza timori reverenziali.
La speranza è che le donne del Partito Democratico inizino a farlo proprio dal prossimo congresso.
Questa volta non ci sarà una candidata segretaria. Ma sarebbe bello vedere tante donne impegnate nei circoli a presentare mozioni, a partecipare attivamente e a candidarsi negli organi elettivi del Partito, ad ogni livello.

di Valentina Di Stefano