Quale punizione infliggere al mostro che a Palermo ha dato fuoco nel sonno ad un povero barbone? Oso dire che neanche la mafia sarebbe riuscita ad essere più crudele (se non altro perché non è solita uccidere senza un motivo o senza un interesse a suo modo “ragionato”, non semplicemente per il piacere di uccidere).
Quel mostro viene da un fondo oscuro della società disgregata, nel quale anche la pena ha cessato di valere come deterrente. Non gli comminerei altra pena che quella di continuare a vivere, ma portandosi addosso, in chiara evidenza, un qualche segno vistoso che ne segnali la disumanità. Chiunque fosse ancora un essere umano avrebbe, mi sembra, il diritto di difendersene.
Il caso fa ancora una volta di Palermo – per dirla con Leonardo Sciascia – una “metafora”, ma non soltanto, adesso, una “metafora dell’Italia”. Del mondo, imbarbarito, com’è largamente diventato.

Professore Giuseppe Carlo Marino

(tratto da Facebook)