Leonforte – Quest’anno è la volta dei cd, la circolarità. L’anno scorso i bottoni, l’unione familiare. E l’anno prima la cravatta, il papà. E ancora materiale da riciclo, fino a giungere agli utensili dei nonni. Di cosa si parla? Di San Giuseppe e del tradizionale altare, ovvio. Perché quello che da cinque anni a questa parte allestisce il 2^ Circolo didattico “N.P. Branciforti” non è un altare tra i tanti. È innovazione nella tradizione. È fede e fantasia insieme, quella delle insegnanti che alacremente lavorano insieme alle famiglie e agli alunni per far sì che tutto sia perfetto. È simbolismo, antico e nuovo, che si mescola alla condivisione. Voluto fortemente dall’insegnante Sara Mazzola l’altare, che rientra nel progetto “nonni”, non poteva che incontrare l’entusiasmo del dirigente Angelo Di Dio e della Vicaria Fina Pollaccia. “Oltre a un momento di conoscenza delle antiche tradizioni, questo è stato un momento di unione e condivisione”, ha dichiarato quest’ultima.

Da quindici giorni alunni, insegnanti, genitori, nonni e il resto del personale non fa che lavorare senza sosta all’altare “della circolarità”. Non si può che restare sorpresi dinanzi alla luce riflessa dai dischi compatti, che offrono nuove chiavi di lettura pronte ad arricchire la già rinomata simbologia tradizionale delle cuddure. “Il motivo della circolarità lo abbiamo ripreso dalla Trinità di Andrej Rublëv”, spiega Angela Buscemi, insegnante. La Trinità o Ospitalità di Abramo, l’Icona delle icone, la musa ispiratrice dell’altare dei bambini. A sinistra Dio Padre, al centro Gesù e a destra lo Spirito Santo. Al centro, il calice che simboleggia il sacrificio eucaristico di Cristo. Anche la Trinità forma un cerchio. Il cerchio come simbolo della perfezione e dell’intimo connubio tra Dio e uomo, “del resto anche Dio ha bisogno dell’uomo, come l’uomo ha bisogno di Dio”, ha specificato la Buscemi. La scelta su Rublëv è ricaduta anche per la densa simbologia cromatica, “c’è il rosso di Gesù che simboleggia l’amore sacrificato, il blu della Divinità, il verde della vita, il rosa del manto imperiale che simboleggia l’ineffabilità di Dio”. E ci sono gli antichi saperi, alla base dei tradizionali altari votivi dedicati al Santo sposo di Maria, che la Trinità la esaltano con cura in dettagli che non sono mai lasciati al caso, tramandati da secoli per via orale. Racconta Angela Buscemi, per l’occasione provetta Cicerone, “i tre gradini che campeggiano sull’altare richiamano la Trinità, così come le tradizionali arance, poste ai lati e suddivise in spicchi semi aperti. Ci sono poi molliche di pane ai piedi di Gesù, a simboleggiare l’umanità”. Particolare e pregevole il lavoro svolto dai bambini, in un contesto unico, che incornicia l’altare in un percorso piacevole per il senso estetico ed utile alla riflessione. Guidati dalle insegnanti, il percorso consiste in una rivisitazione attuale della figura di San Giuseppe attraverso una serie di lavori che uniscono parole a immagini e mosaici. Si comincia dall’Annunciazione, questa volta rivolta proprio a Giuseppe. Il devoto sposo di Maria apprende dall’Angelo che sarà Padre e, in una disposizione speculare, si riflette sul senso profondo dell’adozione e dell’amore incondizionato. C’è, poi, la nascita di Gesù, che vede San Giuseppe solo, alle prese con un evento immenso – come solo una nascita può essere – nell’indigenza più totale. C’è, in contemporanea, la chiave di lettura che ci invita a rivedere la nostra condizione di egoistico individualismo, spingendoci ad una maggiore apertura verso chi l’indigenza la vive, in una quotidiana Betlemme. E ancora, la fuga in Egitto, il cui parallelismo calzante non poteva che essere con quello della continua diaspora cui stiamo assistendo ogni giorno. Ancora loro, i migranti in fuga da conflitti e disperazione. E ancora prima, della fuga dei nostri nonni, in cerca di speranza e futuro. Del resto, siamo tutti migranti dentro. Siamo tutti nati dalla speranza di un futuro migliore. Spicca, in questo percorso, quel giglio dal colore cangiante, ottenuto con qualche cd spezzato e ricomposto in mosaico. La purezza, nella rivisitazione artistica delle peculiarità di San Giuseppe, porta con sé essa stessa il valore del simbolismo, “anche il mosaico rientra nello spirito con cui è stato realizzato tutto il nostro lavoro, le tessere sono divise ma insieme formano un solo disegno”. Divisi, ma uniti. Questo, in tre parole, il senso di tutto. Dell’altare, come del pane e di ogni pietanza che verrà equamente distribuita tra i bambini giovedì, quando ognuno di loro prenderà parte al tradizionale pranzo dei Santi. Dei disegni e dei mosaici, così come dell’altare della condivisione, il punto in cui annualmente la scuola raccoglie fondi e cibo per le famiglie indigenti. Divisi, ma uniti come insegnanti, bambini, genitori e nonni che, ciascuno con la propria parte di impegno, hanno reso concreta l’unione di fede e fantasia.

Alessandra Maria