Secondo una consulente della Procura, la giovane Maria riesce a distinguere la verità della bugia. L’esperta, una psicologa, lo ha detto nel corso del processo a carico di un operaio quasi sessantenne, accusato di aver violentato la figlia diciassettenne della sua compagna. Il nome della minore, Maria, chiaramente, è camuffato volutamente. Il processo si celebra a Enna, di fronte al Tribunale collegiale penale presieduto di Giuseppe Tigano. La minore, secondo l’accusa, è affetta dalla nascita di una lieve forma di minorazione psichica. Ma per la psicologa il suo stato mentale non le impedisce di comprendere la realtà.
Un esperto, va detto, può esprimere un giudizio sulla credibilità di un testimone, ma il giudizio finale sulla sua attendibilità, va detto, spetta solo ai giudici.
L’avvocato difensore dell’imputato ha preannunciato che chiederà, per confutare questa tesi, una perizia collegiale. Secondo l’accusa, una mattina di dicembre del 2015, l’imputato avrebbe accompagnato alla Posta la sua convivente; e poi, rimasto solo con la ragazzina, ne avrebbe abusato sessualmente, minacciandola affinché non rivelasse a nessuno ciò che le aveva fatto. Ma lei ha raccontato tutto. A condurre l’inchiesta sono stati i carabinieri della sezione di Polizia Giudiziaria della Procura e della Compagnia di Enna. I fatti risalgono a dicembre 2015.