La ormai inarrestabile catena di catastrofi  e disastri , causati dalla “furia della natura”, che quotidianamente affligge il pianeta con strascico di  desolazione, morte e distruzione, dovrebbe necessariamente indurci come uomini, quanto meno a profonda e sincera riflessione.
Ove la mitizzata  intelligenza umana inoltre non dovesse o potesse arrivare,almeno l’istinto di conservazione ( fosse anche nella piú belluina accezione del termine) potrebbe aiutarci a comprendere l’inevitabile, evidente connessione tra l’agire dell’uomo e la “follia” della natura.
Aldilá di qualsiasi aspetto ideologico o  visione  politico-intellettuale appare infatti evidente che industrializzazione forzata, utilizzazione indiscriminata di combustibili fossili , depredazione selvaggia di risorse naturali ,insieme al “brillante” uso dell’intelligenza finalizzato  per di piú all’incessante perfezionamento di letali armi di distruzione individuale e di massa, piú che a “magnifiche sorti e progressive”, ci stiano conducendo ,con parossistica ed esponenziale velocitá, verso la trasformazione di un paradiso terrestre  in dantesco inferno.
Imponenti ghiacciai andini che vidi e conobbi come “perenni” appena qualche decennio addietro, quasi scomparsi (come sulle Alpi e sull’Himalaya), desertificazione avanzante  mentre altrove ci si cuoce a “bagnomaria”, abnorme intensitá di ogni classe di fenomeno sotto ogni latitudine, sono segnali piú che eloquenti.
L´Amazzonia, foresta pluviale  tropicale sull’immenso bacino ( s.l.m) formato dal Rio Amazonas e dall’incredibile intreccio dei suoi affluenti ,costituisce l’ultimo polmone (parzialmente) utile, dopo la devastazione delle foreste tropicali asiatiche  e centro-americane  per l’indiscriminata mono-coltura estensiva  di palma da olio ed il disboscamento. In Brasile ad eccezione dell’estesa riserva protetta del Pantanal,tutto il resto della foresta é divenuto immensa pampa  di allevamenti bovini che compete  con l’Argentina. La regione amazzonica del Perú con parte di quelle colombiana e boliviana, rappresentano forse le aree che, pur gravemente minacciate, possono essere ancora salvate e preservate se debitamente tutelate da corretti modelli di sviluppo, che sappiano equilibrare lo sfruttamento delle immense risorse naturali con l’esigenza di perpetuarne la disponibilitá, rendendo lo sviluppo sostenibile cioé duraturo.
Non esiste contadino che non si preoccupi di rigenerare  e proteggere la terra che coltiva e che  lo alimenta. Né  autentico pescatore che ari il fondo del proprio mare pescando a strascico o con esplosivi. Esistono purtroppo predatori e mercenari asserviti ai poteri forti ed alle loro perverse strategie.
L’Amazzonia rappresenta l’habitat naturale di una sconfinata biodiversitá e consente l’osservazione ,come in un immenso laboratorio vivente di scienze naturali, di botanica e zoologia , di ogni forma di vita e dell’interdipendente relazione  tra ognuna di esse ed il resto.Lo sanno da sempre i popoli indigeni e non v´é chi non sia in grado di comprenderlo. 
In questa occasione mi  pregio di offrire ai lettori un contributo personale reale ed attuale in materia di protezione e tutela,conservazione e sviluppo sostenibile dell’ ambiente amazzonico. Un  esempio delle sottili, perverse strategie dei predatori ma anche della tenace, crescente resistenza operativa e propositiva delle popolazioni indigene attraverso ( in questo caso) la Federazione dei Nativi di Madre de Dios –FENAMAD, la Coalicion por la Amazonía, tra le altre, con la loro incessante opera  nell’interesse generale.
É indubbio infatti che ancor prima ,in ordine di tempo, delle devastazioni recentemente causate dallo sfruttamento selvaggio ed illegale dell’oro ,ma con identico effetto distruttivo, il taglio indiscriminato e scellerato delle piú pregiate varietá di alberi per l’estrazione di legname, é stato e permane il detonatore di una reazione a catena peggiore della nucleare.É successo con la  caoba ( mogano tropicale), il Cedro rojo tropical fino alla loro quasi totale  estinzione con i conseguenti e letali scossoni al perfetto ma fragile equilibrio della natura.
La vittima designata ultimamente si chiama Shihuahuaco ( Dipteryx Micrantha) tra gli alberi piú imponenti della giungla con i suoi 50 metri d’altezza ,la lentissima e secolare crescita e la funzione di cuspide della piramide vegetale ed animale dell’ Amazzonia. Colpevole di essere dotato di un legno tra i piú duri esistenti in natura, insuperabile per produrre carbone naturale ,che gli indigeni peró  ricavavano solo dagli esemplari caduti per cause naturali, e per farne parquet che soprattutto  i cinesi sembrano amare a dismisura ,quasi come la loro banditesca politica commerciale priva di qualsiasi attenzionel all’ambiente ed all’ecologia. 
Tuttavia il sistema di regolamenti internazionali non permette il commercio di specie protette senza le prescritte certificazioni ufficiali in materia di sostenibilitá ambientale,rinnovabilitá della risorsa, assenza di sfruttamento del lavoro minorile e cosí via. Senonché la solita, perversa e sempre piú perniciosamente raffinata strategia di depredazione ,alternando la tecnica del bastone e della carota, incarnata quest’ultima dalle tante ONG con capitali stranieri che, dietro la facciata di organizzazioni ecologiche a tutela del c.d. sviluppo sostenibile ,usano le piú subdole argomentazioni pseudo scientifiche per servire gli interessi di chi sovvenziona loro lussuosi uffici nella capitale, lauti stipendi ,mezzi di trasporto e logistica ,non conosce soste. Uno dei frutti di tale combinazione, alla quale non é certamente estranea quella corruzione che il “Lava Jato” ( tangentopoli brasiliana ramificata in tutto il centro e sudamerica) ,ha appena iniziato a scoperchiare, mandando giá dietro le sbarre alti funzionari ed ex presidenti di svariati Paesi latini americani , é la legge peruviana sulla “estrazione forestale sostenibile” denominata “permesso di saccheggio sostenibile” con sarcasmo intriso d’amarezza da coloro i quali ne stiamo esigendo immediata correzione e riforma.Tale legge pretende  di fissare il c.d. “ciclo di taglio sostenibile”  cioé il lasso di tempo che deve intercorrere tra il primo ed il secondo taglio di alberi ,senza considerazione alcuna né rispetto della bio-diversitá specifica della zona , attraverso la pedissequa “importazione” di  un ciclo di 30 anni, valido per il Pino Radiata ( in Nord America, Australia ed altri contesti climatico-ambientali) ma non certamente per lo Shihuahuaco e tante altre specie peculiari dell’ambiente amazzonico. Cosí il locale sistema forestale e le ONG colpevoli del disastro dal 2005 ad oggi,intendono ancora una volta facilitare lo sfruttamento illegale ed il devastante saccheggio  delle pregiate specie  amazzoniche (come avvenne per caoba e cedro) che hanno,inoltre ben altro valore rispetto al pino, tanto commercialmente quanto a livello scientifico e che hanno come principale destinazione il mercato asiatico.Tale stratagemma  non é peró idoneo ad aggirare il divieto assoluto di taglio di alberi con diametro inferiore a 51 cm.. Per raggiungere tali dimensioni lo Shihuahuaco ha bisogno di oltre 100 anni. E soltanto quando raggiunge  il diametro di 1 m. (circa 500 anni) diviene idoneo alla nidificazione dell’Aquila Arpia, il maggior predatore alato dell’amazzonia senza il quale centinaia , migliaia di specie animali si riprodurrebbero a dismisura trasformandosi in piaghe bibliche sotto forma di roditori, rettili, insetti ,parassiti e mutanti. Oltre a  smetterla di “importare” ,per mascherare oscuri interessi, politiche forestali idonee in altri contesti (USA o Europa) ed in stretta osservanza  delle norme costituzionali in materia, é indispensabile che  la legge accrediti il risultato della “classificazione di specie forestali amazzoniche” realizzata dagli esperti botanici autorizzati in conformitá alla legge che, nonostante gli oltre 7 anni di ostacoli frapposti ad arte,venne completata ed approvata dagli organismi ufficiali internazionali nel 2015.
Battaglie come questa non possono riguardare solo le popolazioni indigene e gli “ecologisti” poiché rivestono interesse planetario. Basta considerare, a mero titolo d’esempio, che durante gli anni della permanenza di chi scrive nell’amata regione amazzonica di  Madre de Dios, in un solo albero di Shihuahuaco scienziati ed entomologhi rinvennero 5.000 specie di insetti l’80% dei quali erano fin lí  assolutamente sconosciuti.
Se anche l’ultimo polmone del mondo collassa sará infatti difficile respirare e mantenere qualitá di vita non solo in Amazzonia ma anche a Roma, Milano, Parigi ,Londra ,Amburgo ed in qualsiasi angolo del Pianeta.

Lima, 3 Aprile 2017
 Santi Mirabella