Eccoci, cari lettori. Tornati in sella al pallone dopo una pausa piena di abbuffate pasquali e calcistiche. Molto è cambiato in questo mese e molto cambierà, si spera, da qui alla fine della stagione agonistica.
Non potevamo non riprendere col botto. Nel week-end delle follie arbitrali, degli abbagli desertici che i direttori di gara hanno sfoggiato in tutta la loro maestosità; salvo poi fare mea culpa, cosa che ancora di più deve far riflettere per capire che non sono macchine e spesso possono andare in tilt anche loro. Nel match di venerdì si sono affrontati la Juventus in versione Los Pollos Amigos e i temibili atalantini di Gasperini. La partita non ha tradito le attese, regalando anzi bel calcio e grandi emozioni. Se però l’Atalanta ha saputo continuare la sua scia positiva in campionato, è anche vero che dall’altro lato la Signora non ha fatto granché per evitarlo, condizionata probabilmente dall’avvento delle semifinali europee. Nonostante la rimonta dello svantaggio iniziale, i bianconeri hanno portato in scena la versione aggiornata del “Lago dei Cigni” magistralmente interpretato da Pjanic e Lichtsteiner. Peccato solamente che scoccava il minuto 89 e che l’Atalanta ne ha saputo approfittare portandosi a casa un punto d’oro che fa masticare amaro Allegri e compagnia briscola. Pazienza se poi il direttore di gara aveva fischiato un rigore a Madama, tornando immediatamente sui suoi passi dopo la segnalazione di un fuorigioco che non sarebbe esistito neppure su Marte. Lo stile Juve non nasce oggi, anzi è un brand oramai mondiale. 
Una vittoria della Roma nel derby capitolino avrebbe potuto rendere questo finale di campionato un filino elettrizzante. I giallorossi sono però caduti sotto i colpi di una Lazio pimpante e aggressiva. Merito del lavoro di Inzaghi che ha preso una squadra flaccida come Austin Powers senza il suo “Mai più Moscio” in una compagine compatta e determinata, riuscendo a risolvere anche i contrasti dentro lo spogliatoio. 
Nonostante il vantaggio laziale di Keita sia stato raggiunto da un rigore inventato da Orsato, con la simulazione di Strootman che si beccherà la squalifica ed il premio di miglior protagonista non attore, le aquile si impongono nella ripresa col secondo gol di Keita e quello di Basta. Il probabile ultimo derby di Francesco Totti si chiude con una terribile sconfitta che uccide definitivamente i sogni scudetto e mette a rischio addirittura il secondo posto.
Il Napoli infatti approfitta del tonfo romano e si impone sull’Inter per 1-0 grazie al gol di Callejon propiziato da un grossolano errore di Nagatomo. I ragazzi di Sarri, dopo una stagione intera a parlare di fatturato, ombre, partite a mezzogiorno, Higuain è traditore, il calcio più bello d’Europa, usciamo a testa alta, cazzimma e menate varie, sono ora ad un punto dalla Roma e dal secondo posto che come ha più volte detto anche De Laurentiis “E’ come vincere uno scudetto”. Contenti loro. 
Dall’altro lato l’Inter che oramai è in caduta libera come un parà che si lancia dall’aereo, ma a differenza di quest’ultimo non dispone di paracadute. Pioli oramai sta allo spogliatoio come uno davanti alle istruzioni per montare la cucina dell’Ikea e nonostante la fiducia rinnovatagli da Zhang è molto probabile il suo addio a fine stagione con conseguente rivoluzione tra i calciatori. Pochi saranno confermati.  
Se Atene piange Sparta invece cerca di salvare il salvabile. Il Milan esce con un punticino dall’Ezio Scida di Crotone e deve ringraziare la poca lucidità dei calabresi nell’azione del pareggio dopo che era costretto a rincorrere il vantaggio crotonese di Trotta. I rossoazzurri stanno dando il meglio di loro in quest’ultima parte di stagione cercando di raggiungere la storica prima salvezza nella massima serie. Il Milan invece, nonostante una stagione passata tra il serio e il faceto, si ritrova in una posizione tale da permetterle di disputare i preliminari di Coppa Uefa se il campionato finisse adesso. Insomma, non proprio tutto da buttare per una squadra che è stata protagonista anche del cambio di proprietà. 
Teniamoci forte perché ci saranno emozioni da vivere da qui alla fine di tutte le competizioni. Ancora molto può cambiare in classifica e anche al di fuori dei confini nazionali, sperando non si tratti di teste alte.