Cosa voleva dire Debora Serracchiani dichiarando che uno stupro è «ancor più inaccettabile se a commettere violenza è uno che chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese»?
Socialmente l’aspettativa è che chi viene accolto e viene da fuori debba adottare le buone maniere, a questo punto verrebbe spontaneo pensare che si tollera meglio la violenza domestica in una coppia tra connazionali con permesso di soggiorno.
Che la violenza in Italia nei confronti delle donne sia sottovalutata nella cultura generale (non di genere) mi viene in mente dal fatto che sia stata necessaria l’introduzione della parola femminicidio dal 2001, assente nelle altre lingue. La volontà di decostruire una violenza strutturale con l’uso del linguaggio, è una possibilità, ed è da questo ragionamento che la politica si è allontanata lasciandosi a una battuta desolante.

Dai dati Instat pubblicati nel 2015 sono i  partner attuali o  gli ex che commettono le violenze più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Gli autori di molestie sessuali sono invece degli sconosciuti nella maggior parte dei casi (76,8%).

È meno inaccettabile una violenza subita da un maschio-caucasico-di-lingua-Indo-europea-di-antenato-normanno-e-di-religione-celtica?
In verità è possibile che uno stupro commesso da un profugo sia, non meno accettabile come sostiene la Serracchiani, ma socialmente meno accettato, perché che lo vogliamo accettare o meno il nostro è un Paese razzista, e la Serracchiani ha fatto una dichiarazione che entra purtroppo nella pancia di tanti, di questo mondo che si sposta destra.
La differenza fondamentale è che nella pubblica piazza la violenza è cosa diversa dalla dimensione intima e individuale di chi l’ha subìta, dalla fatica che fa a conoscerla e a superarla, perché trova lo stendardo del proprio dolore in qualche comizio partitico.
Questa è la politica che non è in grado di indicare una strada umanista, forse potrà dare nomi a fenomeni che esistono già, ma non pare di essere in grado di usare le parole per rispondere coraggiosamente indicando un’alternativa.

 

Valentina Rizzo