MEDITERRANEA newsletter UDI Catania 25 agosto 2017 
Il Marocco si conferma un Paese “a doppia velocità”: l’economia e le sfide dell’innovazione tecnologica sono sostenute (soprattutto dal ruolo della monarchia), ma la società politica e il sistema dei partiti rappresentati in Parlamento non riescono a stare al passo con l’evolversi dei movimenti sociali, primo fra tutti quello delle donne. 
In questi giorni un’ondata di indignazione senza precedenti ha scosso l’opinione pubblica per le immagini cruente dello stupro collettivo di una ragazza su un autobus a Casablanca, ripreso e fatto girare in rete. 
Una manifestazione di protesta spontanea per denunciare l’aggressione si è tenuta in una delle principali piazze di Casablanca, poi altre marce di protesta a Rabat e in città minori, a stragrande maggioranza presenze femminili. 
Forti gli slogan (“Agli uomini le leggi, alle donne gli stupri”, “Basta con la banalizzazione delle violenza verso le donne” ) e pesanti le critiche per l’assenza e il silenzio della Ministra della Famiglia e della Solidarietà Bassim Hakkoui, che ha reagito solo dopo tre giorni dalla mobilitazione, con vaghe dichiarazioni sull’intenzione dl governo di accelerare l’adozione della legge sulla lotta contro le violenze alle donne che giace ancora in una commissione parlamentare. 
In un Paese dove le questioni legate al costume e ai comportamenti sociali sono costantemente osservate, denunciate, condannate il video della violenza collettiva è stato giudicato intollerabile. Intanto la polizia ha arrestato sei minori che sarebbero gli autori dell’aggressione : hanno un’età compresa tra i 15 e i 17 anni e vivono in un quartiere periferico di Casablanca. La vittima è una ragazza di 26 anni e secondo primi riscontri delle autorità soffrirebbe di disturbi mentali. 
Le manifestazioni di questi giorni si tengono in continuità con la mobilitazione delle donne che tiene alta l’attenzione sull’urgenza di cambiarle norme del codice che non riconoscono parità alle donne in materia di eredità/successione e di accesso a tutte le professioni. 
L’impegno delle marocchine è continuo, da anni , fin dalla prime grandi proteste davanti al parlamento nel 2012, in risposta al suicidio di Amina Filali, la ragazza di 15 anni costretta a sposare il suo stupratore. 
Nell’estate del 2014 altre manifestazioni denunciavano la posizione sessiste del capo del governo (del partito PJD filo islamista che ha vinto le elezioni legislative nel 2016) che aveva paragonato le donne a dei lampadari, che devono sempre brillare ! Lo slogan era esplicito : “Vattene!” 
Anche nel 2015 la risposta femminile è stata spontanea e corale: a giugno due ragazze erano state aggredite in un mercato di Agadir e quindi denunciate per oltraggio al pudore per via del loro abbigliamento. Un mese dopo le ragazze erano state giudicate innocenti. 
Mediterranea
a cura carlapecis@tiscali.it
25 agosto 2017