Le strampalate elucubrazioni che si leggono in questi giorni, sui social e a mezzo stampa, in ordine all’emendamento al Decreto Milleproroghe, approvato, all’unanimità, lo scorso 6 agosto dal Senato della Repubblica, inevitabilmente richiedono delle necessarie precisazioni.
1) Un primo errore si può riscontrare, anzi tutto, laddove si parla di “finanziamenti sottratti” alla città. 
Il Governo è intervenuto per attuare la sentenza n. 74 del 2018 della Corte Costituzionale, a seguito del ricorso della Regione Veneto, che ha sancito l’illegittimità della gestione centralistica del Fondo per le periferie, previsto per 96 comuni in tutta Italia. 
Contrariamente a quanto scritto, i finanziamenti non sono stati sottratti: le risorse stanziate per le convenzioni negli anni 2018 e 2019, sono state spostate in un Fondo cassa che serve “per favorire gli investimenti delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni, da realizzare attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti”, secondo un criterio di premialità e di equità e rispetto dei principi costituzionali. 
Il Bando per le periferie, tra l’altro, era stato finanziato dal Governo Gentiloni per metà dell’importo complessivo: si trattava, quindi, di promesse più che di risorse realmente a disposizione dei comuni.
2) Un’altra imprecisione riguarda l’affermazione secondo cui l’incostituzionalità non si riferisce al Bando periferie, ma solo ai fondi statali assegnati in settori in cui c’è una concorrenza legislativa con le regioni. 
A questo riguardo, invece, è opportuno richiamare quanto dichiarato nella stessa sentenza: 
“[…] 3.– La questione è fondata.[…] È corretta anche l’affermazione della competenza regionale in vari settori di spesa menzionati nel comma 140. In effetti, quanto meno i settori indicati nelle lettere a), c), e), f), h), i) rientrano nella competenza regionale concorrente (in materia di governo del territorio, protezione civile, grandi reti di trasporto, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi) o residuale (trasporti pubblici locali) […]”. 
Disposizione che ci riporta al fatto che l’art. 1 c. 140 della L. 232/2016, oggetto della dichiarazione di incostituzionalità in questione, elenca tra i settori di spesa del fondo plurisettoriale, alla lettera i), gli “investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”. 
La riqualificazione urbana e quella delle periferie non rientra, quindi, tra le materia di competenza statale, per cui, per questo settore di spesa, non è stata rispettata la previsione di “un’intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Consiglio dei Ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale”, così come disposto dalla Corte stessa. 
È interessante e chiarificatrice, peraltro, la lettura delle considerazioni in diritto della Consulta, che potrete facilmente trovare a questo link: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do…#
In conclusione, andrebbero fatte anche altre riflessioni:
a) La questione, com’è evidente, è abbastanza complessa, ma per renderla più comprensibile non era necessario scegliere la strada degli attacchi e delle offese quanto, piuttosto, quella della collaborazione tra i rappresentanti istituzionali del territorio.
Come tutti ormai ben sappiamo, alle prime 24 convenzioni, firmate il 6 marzo 2017, è stata garantita immediata finanziabilità, mentre le altre 96, firmate a fine 2017, (tra cui rientra il progetto di riqualificazione di Enna Bassa) sono state bloccate, almeno, fino al 2020, per valutare quali progetti abbiano davvero una funzione di rilancio delle periferie, per distinguere, quindi, tra i comuni che hanno dato avvio a progetti esecutivi e su cui si è già investito per il rilancio delle periferie e chi, invece, vuole utilizzare questo fondo per creare progetti di facciata (e non è certamente il caso di Enna).
b) I rappresentanti dell’Amministrazione comunale avrebbero dovuto attivarsi e collaborare con i rappresentanti istituzionali nazionali per capire in quale fattispecie rientrerà il progetto ennese, che è già esecutivo e dato in appalto.
All’indomani dell’approvazione del Decreto Milleproroghe, il senatore Trentacoste ha tentato -invano- di contattare l’Assessore Contino, per spiegare il senso dell’emendamento votato in Senato e mettere l’Amministrazione comunale di Enna in contatto con gli uffici legislativi di Palazzo Madama per ottenere ogni chiarimento. Da Enna, però non è arrivata alcuna risposta né richiesta di delucidazioni in merito, preferendosi la strada dell’attacco politico e della polemica strumentale, anche sul piano personale.
c) Altra importante riflessione riguarda la smania della Giunta Dipietro e delle forze che la sostengono di dar contro alla maggioranza di governo, su qualsiasi tema, com’è ampiamente dimostrabile dagli attacchi pubblici, ma che spesso e volentieri ricadono in vere e proprie offese personali nei confronti dei portavoce del Movimento 5 Stelle, che finora si sono sempre trovati in prima linea per la difesa del proprio territorio. Al di là della grave mancanza di rispetto, anche sul piano istituzionale, questo atteggiamento appare politicamente inopportuno: fare dell’insulto, del terrorismo psicologico e della schizofrenia da campagna elettorale il metodo della propria azione politica, non necessariamente ripagherà, perchè i cittadini, per quanto messi in confusione da questi atteggiamenti, non sono stupidi come qualcuno vuol far credere. 
Il fatto di sedere da decenni tra i banchi del Consiglio comunale, non coincide necessariamente con l’aver acquisito esperienza e competenza: per questioni così importanti non è questo il metodo da seguire per fare gli interessi dei cittadini, che cominciano ad aver sempre più chiaro questo concetto.
d) Infine, che dire di chi prima vota l’emendamento in Senato e poi lo attacca? Considerato che è stato votato all’unanimità, anche da Forza Italia e PD renziano, quindi dalle stesse forze che sostengono la Giunta Dipietro, si dovrebbe parlare di ignoranza o di malafede? 
Risulta patetico il tentativo di dipingere come un errore il voto a favore dell’emendamento in questione, per sfuggire alle proprie responsabilità. 
È più probabile che tutti in Senato fossero consci della necessità di dar seguito alla sentenza 74/2018 della Corte Costituzionale, quale atto dovuto. Di certo, il Movimento 5 Stelle ha votato con questa consapevolezza e rimane al servizio dei cittadini, dei territori e delle amministrazioni locali.
Movimento 5 Stelle Enna