Sei arresti, decine di indagati a piede libero e una raffica di perquisizioni eseguite. Sono alcuni dei numeri dell’operazione Marijuana Park, che raccontano come la Villa Comunale di Piazza Armerina fosse diventato un luogo privilegiato per lo smercio di erba. Numeri che raccontano anche di tre degli arrestati che all’epoca dei fatti erano minorenni e della presenza pure di una presunta “fazione” criminale capeggiata da un extracomunitario, a contendersi il territorio con il gruppo che avrebbe avuto un leader nel trentatreenne piazzese Marco Cancilleri, arrestato e portato in carcere.
Due gruppi in grado di “monopolizzare” la Villa Garibaldi
L’operazione è stata condotta dagli agenti diretti dal vicequestore Gabriele Presti e dei commissari capo Emanuele Vaccaro e Sergio Carrubba, diretti dalle procure di Enna e minorile di Caltanissetta, con i sostituti Francesco Lo Gerfo e Stefano Strino e i procuratori capo Massimo Palmeri e Laura Vaccaro. Al blitz di questa notte hanno partecipato pure gli uomini delle Volanti, dei commissariati di Leonforte e Nicosia e di altre articolazioni della Questura, oltre che del Reparto di prevenzione crimine Sicilia orientale e delle unità cinofile antidroga della Questura di Catania.
Gli inquirenti ipotizzano che una ramificata e attiva rete di piazzesi e extracomunitari, questi ultimi ospiti nelle diverse strutture ricettive per immigrati di Piazza Armerina, avesse individuato nel parco comunale “Villa Garibaldi” del centro armerino l’area di “mercato all’aperto” per lo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana ed hashish. L’indagine avrebbe consentito di individuare nel parco – che sarebbe stato interamente monopolizzato per la gestione dell’illecita attività dai gruppi che lo presidiavano quotidianamente a ogni ora – un basilare punto di riferimento per chiunque volesse acquistare facilmente della droga.
Ecco i nomi degli arrestati
Le due Procure hanno chiesto e ottenuto come detto sei arresti. In due sono stati tradotti in carcere, ovvero Marco Cancilleri, 33 anni, indagato per un totale di ben 114 episodi di cessione di marijuana; e Mario La Mattina, 20 anni, per cui sono stati ipotizzati 14 episodi di cessione. Agli arresti domiciliari è stato posto il ventiduenne Filippo Lingenti, indagato per un totale di 7 episodi di cessione di stupefacenti. Tre minorenni invece sono stati posti in un centro di permanenza. C’è un extracomunitario e due giovani piazzesi, tutti diciassettenni. Tutti sono indagati a vario titolo per cessione di stupefacenti a Piazza Armerina dall’agosto all’ottobre del 2017. Sono stati eseguiti inoltre vari decreti di perquisizioni. E sono state notificate 12 informazioni di garanzia (perché indagati a piede libero) a carico di altrettante persone, d’età compresa tra i 19 e i 46 anni. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati, fra l’altro, 5 grammi di marijuana e un bilancino di precisione elettronico a carico di Filippo Lingenti, un grammo di marijuana e un bilancino di precisione a casa di Cancilleri. E altri 140 grammi a casa di un giovane che è indagato a piede libero. Per questo sono scattate ulteriori denunce.
 
Gli inquirenti: “A Piazza Armerina operavano due fazioni, rivali ma non troppo”
Sotto le direttive dei magistrati che hanno coordinato l’indagine, i poliziotti hanno effettuato un’attività di videosorveglianza, iniziata ad agosto del 2017 e supportata da riscontri alle intercettazioni telefoniche. Sarebbero state documentate centinaia di “cessioni”, anche a giovani acquirenti minorenni, che hanno portato, già in pochi mesi di attività , a segnalazioni, arresti e al sequestro di dosi già “steccate” di marijuana, oltre a somme di denaro in contanti, ritenuti il provento dello spaccio. L’indagine, già dall’inizio dell’attività di monitoraggio, ha delineato le caratteristiche di due presunte fazioni, una capeggiata da Marco Cancilleri Marco e l’altra da un extracomunitario all’epoca diciassettenne. Entrambe sarebbero state dedite allo spaccio di stupefacenti, condividendo lo stesso “mercato all’aperto”, individuando precise aree della villa per lo stoccaggio ed il confezionamento al dettaglio e l’occultamento dello stupefacente. Accettando i conseguenti rischi di un’attività che sarebbe stata vista come un vero e proprio “lavoro” dai pusher, sarebbero riusciti a gestire lo spaccio, in certi casi, anche cambiando i loro ruoli. Lo spaccio sarebbe stato svolto in maniera frenetica all’interno del parco. Alcuni indagati si sarebbero occupati del confezionamento in dosi dello stupefacente da smerciare e del relativo occultamento tra le siepi, individuate quale luogo sicuro. Altri si sarebbero posti in attesa nei pressi di una “panchina” quale punto di riferimento, ove, ricevuta l’ordinazione del tossicodipendente, e prelevata la dose e il quantitativo richiesto, effettuavano la cessione in cambio della somma di denaro pattuita.
“Bivaccare” nei pressi della panchina per un gruppo, o nell’area sovrastante, insistente a pochissima distanza dal cancello secondario d’ingresso alla Villa Comunale, per il gruppo facente riferimento agli extracomunitari – o occultare le dosi di marijuana tra le siepi o per terra, ben nascoste dai cumuli di fogliame e aghi di alberi – avrebbe rappresentato una costante, da un lato legata all’immediata individuazione da parte dei clienti e dall’altro all’adottata cautela di non essere trovati in possesso di alcunché addosso, in caso di controllo. Poi, al minimo segnale d’allarme, scappavano tutti. Ma ogni tentativo degli indagati di eludere le investigazioni, spostandosi continuamente all’interno del parco e cambiando i nascondigli delle dosi, è però rimasto vanificato dall’azione investigativa dei poliziotti. Emblematica, in tal senso, è risultata l’indifferenza dei diversi frequentatori il parco comunale  nei confronti degli spacciatori, probabilmente ormai assuefatti al turpe mercato illecito.
Secondo gli inquirenti, gli spacciatori, prevalentemente riconducibili al gruppo “capeggiato” da Cancilleri, avrebbero operato in totale sintonia tra loro, effettuando assieme gli scambi (nessuno aveva mai la disponibilità diretta ed immediata di un quantitativo di droga che potesse, di per sé, integrare la detenzione ai fini di spaccio) sotto la stretta sorveglianza o dello stesso Cancilleri o di altri “amici” che, fungendo da vedette, avrebbero provveduto sia ad avvertire del passaggio di pattuglie delle Forze di Polizia, sia ad indirizzare gli acquirenti (i quali è capitato che si rifornissero di sostanza stupefacente più volte nell’arco della stessa giornata).
Nell’ambito del gruppo, i ruoli di pusher o vedetta erano assolutamente intercambiabili anche nell’arco della medesima giornata. Infatti, in caso di momentanea assenza di uno degli indagati, i presunti “fiancheggiatori” avrebbero garantito la prosecuzione dell’attività, che assumeva in alcuni momenti l’aspetto di una vera e propria “catena di montaggio”.
I diversi interventi effettuati a riscontro dell’attività di indagine avrebbero consentito, tra l’altro, di stilare una sorta di “prezzario” della singola dose di marijuana. Sarebbe emerso, infatti, come gli indagati, in base ad una perfetta logica criminale, avrebbero preferito confezionare e vendere dosi della pezzatura pari o di poco superiore al mezzo grammo al prezzo di 5 euro, perché così, sicuramente, i rischi, in caso di controllo, si sarebbero ridotti enormemente, prevedendo, già, l’ipotesi più attenuata dello spaccio.
Spaccio anche vicino alle scuole di Piazza Armerina
Tra le ipotesi degli inquirenti c’è un’aggravante piuttosto preoccupante, contestata ad alcuni indagati, ovvero l’aver scelto come “location” del loro market all’aperto della droga un’area centralissima attorniata, nel raggio di alcune centinaia di metri, da numerosi istituti scolastici. E vicino c’era pure il Sert. Le intercettazioni dimostrerebbero infine come Cancellieri avrebbe continuato a gestire lo spaccio anche in serata, dunque dopo la chiusura del parco comunale, concordando degli incontri con i clienti più fidati o i complici in un’abitazione di Piazza Armerina.
“La complessa operazione – è il commento degli inquirenti – ha permesso di restituire alla collettività uno spazio pubblico, la Villa Garibaldi, che era diventata una degradata piazza di spaccio alla mercé di giovani soggetti, di cui alcuni ospiti stranieri, i quali non hanno dimostrato alcuno scrupolo nel condurre una frenetica attività di spaccio anche in favore di giovanissimi o di soggetti già tossicodipendenti in cura: tutto questo dinanzi allo sguardo dei cittadini costretti a subire il deprecabile fenomeno”.