Un arresto, sei divieti di soggiorno nei territori di Enna, Gela, Nuoro e Cagliari e tre obblighi di firma alla polizia giudiziaria. Si è chiusa così, con l’esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip di Enna Luisa Maria Bruno, una vasta operazione anti-prostituzione coordinata dalla Procura di Enna, diretta dal procuratore Massimo Palmeri e dal sostituto Stefania Leonte, e condotta dall’aliquota di Pg della Polizia di Stato presso la Procura ennese. L’hanno battezzata operazione “Marifinga”. Le prostitute sarebbero giunte in Italia soprattutto dalla Repubblica Dominicana e nella sola città di Enna ci sarebbero state almeno 5 case di prostituzione. In carcere va una donna, Lucia Nefertaris Almonte, 44 anni, accusata di sfruttamento della prostituzione e violazione della normativa sul riciclaggio di denaro. Divieto di soggiorno per Orquidia Amici di 27 anni,  Rosa Elena Guzman D’Oleo di 39, Alejandrina Guzman Garcia di 35, Mariola Garcia Guzman di 33, Nolis Misolidia Perez di 42 e Ludaymar Sanchez Mata di 31. Obbligo di firma invece per il sardo Vincenzo Melis di 60 anni e per gli ennesi Vincenzo Sprone di 55 anni e Pietro Antonino Viola di 67.
Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, sono favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. E risultano indagate a piede libero altre cinque persone, sempre per favoreggiamento della prostituzione, oltre che per violazione della normativa sul riciclaggio di denaro. L’attività di Polizia Giudiziaria è iniziata a fine agosto del 2017, dopo che il personale della Sezione di Pg della Polizia di Stato aveva notato in città una notevole presenza di donne di chiara origine sudamericana, prelevate e accompagnate al terminal degli autobus da una donna, poi identificata come la signora Almonte.
Approfondimenti preliminari svolti dallo stesso organo di Pg hanno consentito di documentare la verosimile esistenza di case di prostituzione in diversi quartieri della città di Enna, per cui la Procura ha delegato una serie di attività d’indagine, comprendenti anche intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, nonché accertamenti e acquisizioni documentali presso istituti di credito, Poste Italiane ed agenzie di “money trasfer” internazionali.
All’esito di questa attività investigativa, compiuta anche con il supporto tecnico di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica della Questura di Enna e con l’ausilio di un interprete, in quanto le conversazioni intercorse tra le indagate – tutte di origine dominicana – ed i loro familiari sono avvenute nella loro lingua madre, è stato documentato un vasto giro di prostituzione gestito dai destinatari dell’ordinanza, le cui donne, oltre a prostituirsi esse stesse, avevano organizzato in diverse città d’Italia – tra cui Enna, Gela, Comiso, Carbonia, Cagliari, Nuoro, Oristano, Macomer, Vibo Valentia e Desenzano del Garda – delle case di prostituzione, ove facevano prostituire altre ragazze, dietro pagamento di rette settimanali di gran lunga superiori agli importi degli affitti corrisposti agli ignari proprietari degli immobili.
Gli uomini dell’organizzazione, invece, si sarebbero occupati di tutta la parte logistica, del reperimento degli appartamenti, del procacciamento di clienti, nonché di tutte le esigenze delle donne che si alternavano nelle case di prostituzione, provvedendo a prelevarle al loro arrivo ed a riaccompagnarle alla partenza ed ottenendo in cambio, secondo la polizia, prestazioni sessuali, denaro e regalie.
Nella sola città di Enna, nel periodo delle indagini, sarebbero state individuate cinque case di prostituzione, dove si sarebbero alternate varie ragazze, che si sarebbero prostituite in giro per tutte le città in cui gli indagati avrebbero acquisito “case di appuntamento”, stazionando in ogni luogo per non più di due settimane.
Le attività nelle varie città venivano pubblicizzate attraverso specifici siti internet, la cui gestione era affidata principalmente ad uno degli indagati, A.M. abitante nel Lazio, il quale si occupava della realizzazione e della pubblicazione degli annunci, corredati da immagini e talvolta video espliciti, appositamente confezionati al fine di rendere più allettante l’offerta e di facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti.
Al vertice di tale organizzazione sarebbe stata proprio la Almonte, che avrebbe anche organizzato una rete di canali finanziari per reinvestire nel suo Paese di origine i capitali illegalmente introitati, attuando una serie di trasferimenti di denaro a cascata, in modo da dissimulare la reale titolarità di tali movimentazioni, che poi avrebbe reinvestito nell’acquisto di appartamenti ed in un’attività imprenditoriale di cui è proprietaria a Santo Domingo. La donna sarebbe titolare di una sorta di emporio con annesso centro estetico nella località caraibica, per il quale, oltre ad inviare denaro da investire per l’ammodernamento degli arredi, per il pagamento dei salari ai dipendenti e per l’acquisto dei prodotti, provvedeva anche a inviare cosmetici e articoli per la cura della persona, nonché capi di vestiario delle più esclusive marche italiane, che acquistava presso un famoso outlet di questa provincia e che spediva tramite una società che effettua trasporti marittimi tra l’Italia e la Repubblica Dominicana. Avrebbe eseguito numerose operazioni di trasferimento di denaro, sfruttando la compiacenza dei titolari di due attività commerciali di Enna, M.B. e S.C., presso i quali è possibile effettuare ricariche di carte di credito postali per via telematica; in tali circostanze, le operazioni sarebbero state eseguite utilizzando i dati anagrafici di ignari soggetti, che i titolari delle rivendite avrebbero ottenuto in occasione di precedenti operazioni lecite.
A tal riguardo va evidenziato che, in sede di esecuzione dell’ordinanza del gip e delle perquisizioni disposte dalla Procura, sono stati rinvenuti e sequestrati alcuni dei codici fiscali utilizzati dai commercianti. Con tali sistemi veniva inviato il denaro a un’altra attività commerciale avente sede a Desenzano del Garda, presso la quale sarebbe possibile effettuare operazioni di “money transfer” transnazionali, e la cui titolare, K.D. di origine nigeriana, avrebbe provveduto a trasferire il denaro su conti correnti intestati a familiari ed a dipendenti della Almonte, residenti a Santo Domingo, utilizzando, a sua volta, i dati anagrafici di altre persone, tra i quali un ex socio della stessa Almonte.
La peculiare attività investigativa avrebbe consentito di acquisire una mole consistente di dati concernenti tali trasferimenti di beni e denaro dall’Italia alla Repubblica Dominicana, procedendo quindi all’analisi dei relativi flussi finanziari ed incrociandoli con i riscontri ottenuti dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Nel solo periodo relativo al secondo semestre 2017, è stato documentato l’invio di denaro per circa 30.000 euro, oltre al valore dei beni materiali.
La Sezione di P.G. Polizia di Stato, delegata anche all’esecuzione delle ordinanze, si è avvalsa della collaborazione della Squadra Mobile delle Questure di Enna, Vicenza, Milano, Nuoro e Terni, nonché dei Commissariati di Comiso, Carbonia e di Desenzano del Garda, nei cui rispettivi territori sono stati intercettati i destinatari dei provvedimenti.