di Josè Trovato

Tre giorni, forse qualcosa di meno, per visitare le istituzioni europee, raggiungere a Bruxelles il parlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao e accettare il suo invito, rivolto a un gruppo di giornalisti siciliani, tra cui anche il sottoscritto. Ci sono cronisti provenienti da varie province dell’Isola, varie estrazioni culturali. Nessuno, quantomeno per quanto mi risulta, è un attivista del M5S. Insomma: un’esperienza nuova con cui arricchire il mio bagaglio culturale, ampliare i miei orizzonti e cercare, anche se solo per qualche ora, di vedere la mia Terra da una prospettiva diversa.
Armato di buone intenzioni, così, ho accettato l’invito dei responsabili della comunicazione del M5S vicini a Corrao e sono partito il 5 marzo alla volta della “Capitale d’Europa”, come alcuni definiscono, a mio avviso non del tutto correttamente, la capitale belga.
Non sono mai stato in Belgio, pur avendo studiato, com’è ovvio, ampiamente la sua storia. Le mie reminiscenze della Capitale, peraltro, di recente sono state pure rinfrescate, ahimè, dalle cronache di quegli orribili attentati terroristici del 22 marzo 2016. Mi preoccupa un po’ la lingua, certo, considerato il mio francese “scolastico”; che come termine, forse, è anche un po’ troppo “auto indulgente”. E non sapevo, tra le mie tante lacune, che a Bruxelles non esistono prese per interruttori a tre vie. Poco male. Con poche parole prese in prestito dal traduttore di google – e qualche richiesta di aiuto telefonico – riesco a trovare un riduttore. A consegnarmi questo pezzo di plastica, introvabile nei più grossi negozi della zona, è il titolare di un negozietto, un indiano, in un viale a ridosso di rue de Midi, dove si trova l’Hotel.
Dopo un intero giorno speso in giro per aeroporti, l’incontro con Ignazio Corrao avviene congiuntamente a un gruppo di studenti, provenienti da altre zone del Sud, il 6 marzo. Giornalisti e studenti assieme. Le domande fioccano. Ignazio Corrao, giovanissimo europarlamentare del movimento di Grillo, ha solo 35 anni, ma parla già come un politico esperto. Laureato in giurisprudenza e abilitato all’esercizio della professione forense, è stato eletto a Bruxelles nel 2014. Secondo la biografia che circola in rete, è stato tra i più giovani europarlamentari di sempre.

È proprio lui a raccontare la propria attività e mettere a disposizione anche una relazione, a cura di Diego Gandolfo e Giuseppe Lo Monaco.

Abbiamo denunciato al Parlamento Europeo i meccanismi attraverso cui i fondi UE per l’agricoltura sono finiti in mano alla mafia – esordisce Corrao -. In Italia il peso delle frodi in agricoltura è il più alto d’Europa: secondo i dati della Corte dei Conti, le risorse frodate ammontano a circa 200 milioni di euro, e circa l’86% delle somme da recuperare interessano quattro Regioni del Sud (Sicilia, Calabria, Puglia e Campania). Fra di esse, però, è la Sicilia ad essere il regno incontrastato delle frodi in agricoltura: l’isola da sola è responsabile di quasi la metà delle frodi. Una fetta enorme di fondi Ue per l’agricoltura, 5 miliardi su 50, finisce in Sicilia. Molti di questi soldi sono finite in mano di esponenti di Cosa Nostra”. Tra questi, ricorda le inchiesta che hanno riguardato, benché non vi siano ancora condanne definitive, “il fratello di Totò Riina, il clan Seminara di Enna e la mafia dei pascoli dei Nebrodi”.
Ricorda poi di aver portato avanti una vera e propria “operazione trasparenza”, in perfetto stile Pentastellato, per l’agricoltura. “Perché mancano i dati dei beneficiari? Dove sono andati a finire i fondi UE per l’agricoltura in Sicilia? Chi ha intascato i fondi europei per lo sviluppo agricolo? A differenza dei Fondi strutturali (il FESR e il FSE), per i quali il sito www.opencoesione.org fornisce con puntualità le informazioni sui beneficiari e sull’andamento dei progetti, il mondo dei fondi per l’agricoltura è coperto da un’inquietante velo di opacità. Sul sito di AGEA, ovvero l’organismo pagatore ministeriale che eroga i fondi agli agricoltori, non è possibile avere una lista completa di beneficiari. E la stessa cosa vale per i fondi del PSR. Le informazioni sono inafferrabili, sparse, confusionarie, prive della necessaria trasparenza, nascoste tra le pieghe del sito del PSR. E’ semplicemente scandaloso che la Regione in tutti questi anni non si sia mai degnata di fornire un elenco organico, completo, trasparente e consultabile pubblicamente dei beneficiari di questi fondi. Nel frattempo però il PSR ha finanziato di tutto: dai corsi di formazione all’insediamento di giovani agricoltori, dall’ammodernamento delle aziende agricole ai premi di compensazione per le zone svantaggiate. Adesso basta! E’ giunta l’ora di conoscere, di capire cosa ne è stato di queste risorse. Ecco perché è necessario una volta per tutte reclamare una banca dati che fornisca tutte le informazioni pubbliche ai cittadini sia per i soldi già spesi 2007-2013 che per quelli della nuova programmazione 2014-2020, che farà arrivare in Sicilia altri 5 miliardi di euro”.
Secondo Corrao, semplicemente, “la gestione dei fondi UE per l’agricoltura non funziona”. “Abbiamo denunciato più volte il sistema di gestione dei fondi UE in agricoltura, con interrogazioni e comunicati stampa. Ad aprile è arrivata la proposta della Commissione Europea di togliere all’Italia 158 milioni di euro. Una richiesta che certifica la scandalosa gestione italiana dei fondi per l’agricoltura. Parliamo di un buco di 158 milioni che, se verrà confermato, toglierà risorse per all’Italia per il prossimo periodo 2014-2020. Si tratta della cosiddetta “rettifica finanziaria” di cui si iniziò a parlare all’inizio dell’anno scorso, dovuta alla forte preoccupazione della Commissione Europea circa la gestione delle irregolarità e dei debiti fino al 2012”.


Tra le battaglie condotte in questi anni c’è quella per la proroga del Psr. “Ho combattuto al fianco degli agricoltori per scongiurare il disimpegno automatico e la restituzione dei soldi del PSR. Un vero e proprio incubo per l’amministrazione regionale, la quale nei mesi precedenti si trovava di fronte il serio rischio di perdere più di 100 milioni di euro. E alla fine la Sicilia è incappata nel disimpegno: dovrà restituire 21,5 milioni di euro, che si volatilizzano perché non sono stati utilizzati nei tempi giusti.  Il 25 novembre 2015 ho inviato una lettera aperta, sostenuta da tutti i portavoce M5S a Roma e Palermo, all’ex assessore Cracolici, chiedendo trasparenza e impegno da parte della Regione siciliana al fine di ottenere la proroga del PSR Sicilia 2007-2013 e scongiurare il disimpegno automatico e il conseguente fallimento di centinaia di imprese agricole siciliane, che non riuscivano a rendicontare per effetto dei ritardi della Regione”.
Da tempo, inoltre, Corrao si batte per diffondere il più possibile la comunicazione e le info sui bandi. “Attraverso il mio blog ho comunicato decine e decine di bandi per l’agricoltura, dai B&B nel settore rurale, fino all’innovazione per le aziende agricole, organizzando inoltre più di 50 incontri dedicati al tema dell’agricoltura a cui hanno partecipato più di mille persone, per esporre le opportunità dei Fondi UE per l’agricoltura tarati sul territorio”.
Una delle sue denunce riguarda il caso del pomodorino dal Camerun a Pachino. “Ho denunciato – spiega – che la vendita del pomodoro camerunense a Pachino è un insulto inaccettabile alla dignità dei nostri produttori. Come si permettono il Governo e la Grande distribuzione a ridicolizzare così i nostri agricoltori? A documentare la presenza di pomodoro proveniente dallo Stato africano sui banconi della verdura in un supermercato di Pachino era stata l’etichetta fotografata da alcuni agricoltori di Pachino snervati dalla crisi del settore. Mentre il nostro pomodoro dalle qualità straordinarie marcisce nelle campagne e gli agricoltori sono ridotti ormai alla fame, ci permettiamo il lusso di vendere i pomodori del Camerun nei supermercati di Pachino. Per quanto ancora dovremo vedere calpestati i diritti dei nostri agricoltori? Dopo la mia denuncia, è scattata un’indagine da parte della Repressione Frodi e Corpo Forestale, che hanno appurato che si trattava in realtà di pomodori italiani, portando alla luce un gravissimo errore nell’etichettatura dei prodotti agricoli. Così abbiamo fatto un’interrogazione, chiedendo alla Commissione come intende rafforzare i controlli dell’etichettatura e nella trasparenza nella provenienza dei prodotti agricoli e come intende combattere l’invasione fraudolenta dei prodotti stranieri che vengono contrabbandati come siciliani”.
L’Europarlamentare sostiene che l’agrumicoltura sarebbe “vittima di una catastrofe politica”. “Non sono bastate la Tristeza e il Mal Secco o le sciagure climatiche. Ad infierire in tutti questi anni sul comparto agrumicolo è stata la malapolitica. La preoccupazione più grande è che in questi anni né il Ministero, ancor meno i governi regionali, ma soprattutto i loro deputati al Parlamento (Europeo), hanno saputo promuovere ed aprire tavoli di negoziazione con la Commissione Europea e con il Consiglio d’Europa.  Negoziazioni possibili solo quando si è liberi da interessi personali”.
Attraverso una lettera a tutti gli eurodeputati italiani a Bruxelles, ha chiesto la difesa del vino siciliano. “E’ in corso una palese situazione di concorrenza sleale in Europa a discapito degli agricoltori italiani. Per capire meglio la questione bisogna anzitutto soffermarsi sulla pratica del cosiddetto “Zuccheraggio”, procedimento enologico attraverso il quale si aggiunge zucchero al mosto per far aumentare il grado alcolico. In altri termini senza lo zuccheraggio si otterrebbero vini di 7/8 gradi che non potrebbero in alcun modo entrare nei mercati (il grado minimo per essere considerato vino è di 8,5). Ai viticoltori italiani invece si permette di utilizzare il c.d. MCR (mosto concentrato rettificato) che è derivato direttamente dell’uva e non da altre colture (quindi non costituisce sofisticazione). Qual è dunque il problema? Lo zucchero costa dieci volte meno del mosto concentrato, con conseguenti maggiori costi a carico degli agricoltori italiani, costo che incide anche sul prodotto finale e sul consumatore. Per ovviare a tale disparità per un lungo periodo e fino al 2012 ai viticoltori italiani che utilizzavano il mosto concentrato è stata data una sovvenzione. Nel 31.07.2012 tali sovvenzioni (scadenza prevista dal reg. CE n. 1234/07) sono state abolite. Ovviamente non c’è alcun obbligo di inserire nell’etichetta l’utilizzo di mosto concentrato perché deriva direttamente dall’uva e quindi rientrante nella ordinaria e normale definizione di vino approvata anche dall’ OIV: “Bevanda risultante dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell’uva fresca, pigiata o meno o del mosto d’uva”. A ciò si aggiunge che in Sicilia arriva il mosto proveniente dal Sud-America e dalla Spagna che viene mischiato a quello siciliano dando vita ad un prodotto imbevibile allungato con acqua o trattato con tecniche invasive. Anche su queste tematiche ho provveduto ad interrogare la Commissione la quale ha risposto che non intende ripristinare le sovvenzioni agli agricoltori italiani. A seguito di tale risposta ho inviato una lettera aperta di adesione a tutti colleghi eurodeputati siciliani e italiani al fine di sposare tutti uniti la questione agricoltura siciliana (italiana) e trovare una soluzione condivisa su simili problemi”.
Ignazio Corrao, inoltre, denuncia l’abbandono delle infrastrutture a supporto dell’agricoltura e quella che definisce la “siccità istituzionale”. “Monitoriamo incessantemente la grave situazione in cui versano le infrastrutture a supporto dell’attività agricola. Strade, ferrovie, trazzere, canali di scolo, ponti, fornitura e conduttura idrica, dighe, mercati ed enti per i servizi all’agricoltura versano in situazione disastrose. Abbiamo redatto un report, ripreso da tutte le testate giornalistiche dell’Isola, sullo stato delle dighe in Sicilia, la maggior parte, per mancanza di pulizia e manutenzione, sono inutilizzabili perché piene di fango e detriti. Risultato? In Sicilia l’acqua piovana viene buttata a mare. Ma questi sono i problemi più evidenti e quelli facilmente riconducibili alla responsabilità politica e di governo degli ultimi decenni. Poi ci sono le responsabilità occulte. Ad esempio, si sa che le dighe non possono essere riempite perché dalla loro costruzione non sono mai state collaudate? Sapete che dopo l’ennesimo annuncio di impegno delle risorse per la manutenzione e il rispristino delle dighe in Sicilia non è stato avviato nemmeno un cantiere? La falsa speranza oggi si chiama Patto per il sud, ma da anni ci propinano nomi, pacchi ed impegni mai mantenuti. In questa situazione, naturalmente le inefficienze provocano sia lo sperpero di risorse pubbliche, ma anche degli operatori agricoli. Pensiamo al costo dell’acqua al metro cubo e dell’energia elettrica, quando vengono erogati”.
C’è poi la questione dell’Imu Agricola. “Avevo promesso che mi sarei fortemente interessato, a livello europeo, dell’iniquità di questa pesante imposta che deve essere assolutamente abolita. Come è noto, infatti, va a colpire i terreni produttivi di un settore che ha ampiamente dimostrato, soprattutto in termini di export e occupazionali, di poter essere trainante per il superamento della crisi e di poter davvero creare ricchezza. Lo colpisce nei suoi beni strumentali, cosa più inaccettabile, negli strumenti che ordinariamente servono agli agricoltori per produrre. Questa tipologia di immobili, come d’altra parte i terreni, costituiscono gli strumenti di lavoro dell’agricoltore e non possono, come tali, essere considerati alla stregua di pura e semplice ricchezza accumulata. L’imposta colpisce un settore già oberato da difficoltà e in piena crisi produttiva, alterando la concorrenza e creando discriminazione fra produttori e consumatori dell’area UE dove simili normative non esistono. A tal fine ho provveduto ad interrogare la commissione Europea chiedendo se ritiene che il Decreto Legge 4/2015 convertito in Legge n. 34/2015, con cui il Governo italiano ha introdotto l’Imu sui terreni agricoli, se contrasta con le disposizioni contenute nei trattati europei e in particolar modo con gli obiettivi della PAC. Di cui all’art. 39 TFUE ossia: incrementare la produttività dell’agricoltura; assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola; stabilizzare i mercati; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori?”.
E, non ultima, la questione relativa al mancato riconoscimento dei prodotti IGP e DOP siciliani negli accordi UE. “Ormai gli effetti degli accordi di libero scambio tra l’Unione europea e il resto del mondo è tangibile a tutti. Abbiamo studiato bene le cause che provocano la perdita di valore per il meridione italiano. L’Unione europea a trazione teutonica, negli accordi promette e offre agli altri stati l’azzeramento dei dazi doganali sui prodotti agricoli importati nel mercato unico europeo a condizione dell’abbattimento dei loro dazi su macchine industriali, medicine, prodotti chimici ect, ect. Eccovi spiegato il danno per la nostra produzione agricola. La nostra cultura agricola e il suo valore economico e sociale usato come moneta di scambio per affaristi e speculatori. Gli accordi a Bruxelles continuano ad essere conclusi e sempre con la stessa offerta. Sacrificare la produzione agricola di qualità del meridione a favore delle industrie teutoniche”.
Un’azione incessante, insomma, in favore dell’agricoltura siciliana. Dopo una mattinata assieme a Corrao, la delegazione dei giornalisti viene invitata a visitare i locali del Parlamento Europeo, assieme a una guida, che illustra le funzioni e i compiti svolti dagli europarlamentari e dalle altre istituzioni europee. Un po’ troppo scolastico, ma un ripasso non fa certo male. Infine l’ingresso nell’aula dove si svolgono le “plenarie”.

L’aula del Parlamento Europeo


E il rientro, dopo una visita alla splendida Grand Place di Bruxelles e una cena a base, tra l’altro, di “mule et frites”, una comune pepata di cozze con patatine fritte, autentica specialità belga, che viene servita direttamente in pentola e piatto, si trova in tutti i ristoranti e i bistrot delle rue, a prezzi neanche particolarmente popolari. In generale è il costo della vita a non essere popolare, a Bruxelles. L’inflazione, però, non sembra incidere negativamente con il benessere dei residenti, o quantomeno con quello dei ceti medio-alti.

Lo splendore della Grand Place di Bruxelles


Il rientro in Sicilia inizia all’aeroporto di Bruxelles. Poi scalo a Roma, che serve agli ultimi saluti tra i giornalisti e i responsabili della comunicazione del Movimento, verso le due destinazioni finali, Palermo e Catania.
Un’iniziativa lodevole, certo, quella del parlamentare europeo Ignazio Corrao. Ovviamente non sfugge la vicinanza con la prossima campagna elettorale per le Europee.
Sta di fatto però che l’invito è arrivato da lui.
Non da altri.
Ha dato prova di trasparenza e di voglia di mettersi “in gioco”, confrontandosi con i giornalisti a viso aperto, senza respingere le domande. E per un giovane deputato, di certo, non è un gesto da poco.