di Josè Trovato

Due imprenditori ennesi operanti nel ramo del calcestruzzo e un cinquantottenne di Calascibetta, ritenuto il referente di Cosa Nostra nel suo paese. Sono tre gli arrestati nell’operazione Cerberus, condotta dagli agenti della Squadra Mobile di Enna e del Commissariato di Leonforte, sotto il coordinamento della Dda. Ai due imprenditori, secondo gli inquirenti, la cosca avrebbe assicurato l’egemonia delle forniture in un’ampia fetta del territorio ennese, in cambio del loro sostentamento economico e della loro opera di mediazione nei confronti di altri imprenditori edili della zona, anche per il pagamento del “pizzo”.
Gli arrestati, su ordinanza emessa dal gip di Caltanissetta, chiesta dalla Dda, sono Carmelo Bruno, xibetano di 58 anni, e gli ennesi Giuseppe Di Venti di 49 e Antonio Giuseppe Falzone di 58.
Bruno è indagato per associazione mafiosa, ritenuto componente sin dagli anni ’90, poi principale esponente della famiglia di Calascibetta.
Gli imprenditori invece sono indagati per concorso esterno: avrebbero messo a disposizione di Cosa Nostra la loro azione imprenditoriale, informato il clan di lavori edili e lo avrebbero sostenuto economicamente. Avrebbero inoltre fatto da intermediari con le ditte che eseguivano lavori edili pubblici e privati, in cambio del sostegno mafioso per il conseguimento di forniture di calcestruzzo a danno di altre ditte o comunque senza doversi attenere a parametri concorrenziali. Queste sono le ipotesi investigative.
Tra i vari elementi, ci sarebbero le dichiarazioni rese da un imprenditore, che ha riferito di fatti accaduti a Calascibetta, dove stava eseguendo dei lavori di fornitura di calcestruzzo. L’indagine ha fatto emergere la presunta presenza di un referente mafioso, Bruno, che voleva incontrarlo proprio per far valere il potere di “Cosa Nostra” nel controllo del territorio nelle forniture e nelle attività economiche, con la prospettiva eventualmente di sottomettere l’imprenditore al pagamento della classica “messa a posto”, anche in previsione di lavori più importanti che dovevano essere eseguiti a Calascibetta.
In altre conversazioni intercettate, Bruno avrebbe manifestato la volontà di interessarsi ai nuovi lavori che dovevano essere avviati nel territorio xibetano, al fine di costringere alla “messa a posto” l’impresa appaltante. 
Le figure di Di Venti e Falzone secondo le indagini
Di Venti e Falzone sono due imprenditori operanti nel settore del calcestruzzo, che, secondo gli investigatori, sin da fine anni ’90, avrebbero messo a disposizione di “Cosa Nostra” la loro attività imprenditoriale, inizialmente a Leonardo, poi a Bruno, sotto il coordinamento di Seminara.
I due indagati sono in società sin dalla metà degli anni ’90 per la produzione di calcestruzzo e specificamente per la gestione di un impianto a Enna in contrada Baronessa. Inoltre, secondo la polizia, avrebbero avuto l’appoggio dell’organizzazione mafiosa ennese, organizzata e diretta da Seminara, per assicurarsi le forniture nel settore nell’ambito territoriale prossimo alla città di Enna, ferma restando l’esigenza di adeguarsi alle direttive mafiose, ripartendo o se necessario lasciando ad altre imprese una parte dei lavori a seconda dell’area territoriale interessata.
L’origine dal rapporto tra gli imprenditori e Cosa Nostra è stato ricostruito grazie all’apporto di numerosi collaboratori di giustizia. Per uno di essi, l’impresa Falzone e Di Venti sarebbe stata costituita con l’appoggio economico della famiglia di Enna e di un uomo di fiducia di Leonardo. Inizialmente l’attività fu sottoposta al regolare pagamento del pizzo, poi, con l’intercessione di alcuni “uomini d’onore” (nell’accezione mafiosa della locuzione), a un certo punto l’impresa fu esentata. A metà del 2000, la ditta di un imprenditore fu oggetto di “attenzioni” in occasione di un lavoro che stava effettuando a Grottacalda, tra i comuni di Piazza Armerina e Valguarnera Caropepe; e in questa occasione Di Venti sarebbe intervenuto presso un boss di Pietraperzia che la ditta in questione non fosse più disturbata. Ma Di Venti lasciò intendere a quell’imprenditore che alla fine dei lavori avrebbe dovuto lasciare un piccolo “regalo” a Pietraperzia.
Un altro collaboratore ha riferito che Di Venti, negli anni ’90, avrebbe pagato la somma di duemila lire a Leonardo per ogni metro cubo di calcestruzzo prodotto e che lo stesso imprenditore si sarebbe rivolto a Leonardo per avere assegnate delle forniture. Di contro la “famiglia” di Enna si preoccupava di ripartire loro le forniture, indirizzandone sistematicamente l’attività e assicurando loro, nel contempo, la possibilità di ottenere forniture e lavori al di fuori delle logiche meramente commerciali, in cambio di un sostegno economico.
Ancora dalle varie collaborazioni, emergeva che Salvatore Cutrona, longa manus del boss Seminara, tra il 2013 e il 2015, avrebbe ammonito altri imprenditori a non effettuare forniture di calcestruzzo in territorio di Enna, essendo questa area riservata alla ditta Di Venti e Falzone.
Il blitz Cerberus
Gli arresti sono stati eseguiti con un’articolata operazione di polizia giudiziaria che ha impiegato decine di poliziotti della Questura di Enna, fra i quali, oltre agli investigatori della Squadra Mobile e del Commissariato di P.S. di Leonforte, anche gli agenti delle volanti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico e gli uomini e le donne della Polizia Scientifica.
Nel corso della perquisizione è stata rinvenuta e sequestrata un’ingente somma di denaro in contanti, a carico di uno degli imprenditori, ed inoltre sono state ritirate amministrativamente diverse armi da sparo e munizioni.
Gli arrestati, dopo gli adempimenti di rito, sono stati collocati presso diverse Case Circondariali dell’isola come disposto dall’A.G. procedente, la Procura della Repubblica Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Caltanissetta, che ha coordinato brillantemente le indagini.

Bruno


Di Venti


Falzone