Josè Trovato

Il suo importante studio scientifico, realizzato assieme a una collega dell’Università di Torino, è stato finanziato dall’Agenzia spaziale europea (Esa, European Space Agency), perché riguarda le reazioni del cervello umano in condizioni di assenza di gravità, un tema fondamentale per il lavoro nello spazio. La dottoressa Adriana Salatino, originaria di Assoro, nata e cresciuta in terra ennese, oggi lavora in Belgio. Vive fuori dall’Italia e lontana dagli affetti più cari, ma la sua è una storia di successo. Perché presso l’UCLouvain, a Bruxelles, Adriana ha trovato una sua dimensione professionale di ricercatore e ha avuto l’opportunità di esprimere tutto il suo talento. Lo studio realizzato, in particolare, appare destinato a contribuire notevolmente il campo della ricerca sulle reazioni del cervello all’assenza di gravità. Lei ne è responsabile scientifico assieme a Raffaella Ricci, dell’Università di Torino. Diplomata al liceo classico Nunzio Vaccalluzzo di Leonforte, Adriana è Psicologa e ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Neuroscienze Cognitive presso l’Università di Torino. Attualmente, come detto, lavora a Bruxelles. Da ricercatore, più nello specifico, si occupa dello studio di funzioni cognitive, della consapevolezza motoria e corporea, dell’attenzione visuo-spaziale e, più di recente e della malattia di Alzheimer. “La Campagna di studio si è appena conclusa con successo all’aereoporto di Bordeaux-Merignac, e siamo riusciti a portare “in orbita” i nostri due esperimenti – afferma Adriana –. I risultati ci permetteranno di ottenere importanti informazioni su come la consapevolezza motoria e l’attenzione visuo-spaziale possono essere modificati dall’assenza di gravità”.
Cosa si intende per consapevolezza motoria? “Ci riferiamo all’insieme dei processi che il nostro cervello esegue quando compiamo un atto motorio. Quando decidiamo di effettuare un qualsiasi movimento, come, ad esempio, afferrare un bicchiere d’acqua, vengono generati nel nostro cervello una serie di comandi motori per raggiungere il nostro obiettivo. Molti dei processi necessari per compiere anche la più semplice azione è inconsapevole: sappiamo che vogliamo prendere quel bicchiere d’acqua, ma non abbiamo idea di molti dei comandi e dei processi motori che il nostro cervello sta generando per consentirci di dissetarci. Lo studio di tali processi è l’obiettivo delle mie ricerche”.
Esattamente quali sono stati i temi oggetto dello studio? “In pratica lo studio mira a studiare le due funzioni del sistema nervoso sopra citate (la consapevolezza motoria e l’attenzione visuo-spaziale) in condizioni di assenza di gravità senza andare in orbita, utilizzando il cosiddetto “Volo Parabolico”, un tipo di volo che, tramite una specifica manovra, crea esattamente la condizione di gravità 0 che sperimentano gli astronauti quando sono nello spazio. “Si tratta – prosegue – di un normale velivolo di linea (un Airbus A-300), che partendo da un’altitudine di circa 6000 metri, inizia ad alzarsi con un’inclinazione di 45-50° con una velocità e accelerazione tali da raddoppiare la normale forza di gravità (detta “fase di ipergravità”, o “2g”). Al termine della fase di 2g, il pilota smette di alimentare i motori e l’aereo percorre una parabola: dopo aver raggiunto il picco di altezza massima, l’aereo inizia a cadere verso terra; durante questa fase è possibile sperimentare la microgravità (“gravità 0”, o “0g”), che grazie all’assenza di peso consente di fluttuare liberi nello spazio. Alla fine di questa fase, che corrisponde a una parabola, il pilota riprende il controllo dell’aereo, per poi ripetere il ciclo per un totale di 30 parabole per ogni giorno di volo (per tre giorni di volo consecutivi)”.
Quanto è stato importante ottenere il via libera dell’ESA? “L’ESA finanzia due volte l’anno le Campagne di Volo Parabolico, e dopo un’accurata (e rigida) selezione, i migliori progetti scientifici vengono selezionati e finanziati. Tra i progetti selezionati è rientrato il mio, di cui io e la mia collega Raffaella Ricci siamo i responsabili scientifici. Abbiamo costruito, quindi, due appositi esperimenti che ci hanno permesso di studiare gli effetti dell’assenza di gravità sull’attenzione visuo-spaziale e sulla consapevolezza motoria, due dei miei temi di ricerca”.
Quali sono gli aspetti più intriganti del suo lavoro? “Lo studio degli effetti dell’assenza di gravità sulla consapevolezza motoria e sull’attenzione visuo-spaziale è una delle tematiche più affascinanti delle Neuroscienze Cognitive. L’esplorazione dello spazio nel corso degli ultimi decenni ha rappresentato una delle più grandi sfide per l’umanità: dallo sbarco sulla Luna alle missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), l’uomo ha superato i confini terrestri, riuscendo in una delle imprese più ardue di sempre. Ma cosa succede al nostro cervello quando ci troviamo in assenza di gravità? In microgravità il nostro sistema nervoso centrale (SNC) si deve riorganizzare per adattarsi alle nuove condizioni ambientali, poiché la nostra referenza principale, la gravità terrestre, non è più presente. Ne conseguono cambiamenti significativi che interessano non solo i muscoli e le ossa, ma anche le funzioni sensoriali, motorie e cognitive. Pertanto, lo studio di questi cambiamenti rappresenta un’importante componente per il successo sia delle attuali missioni spaziali che di quelle future. Questo è il cuore del mio progetto scientifico”.