di Josè Trovato

Enna. Sono ufficiali i cinque casi di contagio del Covid-19 anche in provincia. Un dato assolutamente parziale – un traguardo intermedio, purtroppo, per usare un linguaggio ciclistico – e su cui è ben visibile il cartello dei “Lavori in corso”: arriveranno aggiornamenti a breve, se non a brevissimo. E non è neppure chiarissima la distribuzione territoriale dei singoli casi. Si parla di un caso a Enna, e poi scopri che non è una persona di Enna ma un paziente di un’altra provincia portato qui. Si indicano tre casi a Leonforte, ma poi scopri che in realtà sarebbero due. Vi è poi un caso ad Assoro, l’unico su cui non vi sarebbero dubbi.
Personalmente, però, credo che questi numeri siano proprio l’ultimo dei problemi. Il problema vero, l’unico che conta, è la salute delle persone, il cui volto si cela dietro quei numeri. L’auspicio, ovviamente, è che guariscano al più presto.
Sapevamo che sarebbe arrivato il momento di parlare di contagi anche dalle nostre parti. Tutti, di certo, avremmo preferito che questo momento fosse giunto il più tardi possibile. Ma è arrivato. E oggi è l’ora della responsabilità. E’ il momento di credere alle indicazioni delle nostre istituzioni, di rispettare decreti e ordinanze e di operare, ciascuno per quanto di competenza, allo scopo di limitare il contagio. È il momento di restare a casa, per quanto possa essere noioso o irritante. Del resto, quando è in gioco la salute, tutto il resto è noia. Muoverci da casa solo per quanto strettamente necessario è un imperativo categorico che dobbiamo a noi stessi e ai nostri cari, soprattutto alle persone più deboli. Questo perché ritardare il più possibile nuovi contagi non è un atto di egoismo, ma un modo per agevolare il nostro sistema sanitario, un modo per consentire a quegli “Angeli in prima linea”, come tutti ormai li stiamo definendo (e con cognizione di causa), di salvare la vita a tutti.
È il momento di fare sul serio, inoltre, pure nelle comunicazioni interpersonali. Per favore, ennesi! Mettete da parte la vostra propensione al pettegolezzo e ricordate che i vostri “messaggi” o i vostri “file audio”, pur se inviati a una sola persona, rischiano di diventare virali prima ancora che possiate rendervi conto di aver detto una fesseria.
I miei maestri di giornalismo mi hanno insegnato a riflettere 100 volte prima di cliccare sul tasto “invia”. Rendetevi conto che per le leggi italiane la diffusione di notizie o commenti, gli insulti e le istigazioni all’odio, già gravi di per sé, se inoltrate con messaggi telematici o mezzi informatici, sono equiparabili in tutto e per tutto a un reato commesso a “mezzo stampa”. A questo fine ricordo, ma solo a chi ha una percezione un po’ troppo pragmatica e prosaica della vita (e glielo ricordo, anche se forse sarebbe più giusto dargli una botta in testa), che si rischiano fino 6 anni di reclusione per diffamazione aggravata.
È il momento della responsabilità, si diceva, ma anche quello di attaccarsi alla Fede, per chi è credente; e di guardare con speranza ai passi avanti della Scienza e della Medicina. E questo perché Fede e Scienza, Scienza e Fede, non sono affatto incompatibili tra loro. Oggi più che mai.