Diciassette marzo 2020. Il bilancio dei casi in Sicilia è ancora contenuto, ma in preoccupante rialzo. Mancano o meglio continuano a mancare disinfettanti e mascherine. Il rientro in Sicilia dei tanti lavoratori del Nord si teme costituisca l’elemento scatenante di una situazione che rischia di andare fuori controllo. Dalla Regione sono intransigenti le misure per rallentare il fenomeno come la sospensione del trasporto marittimo e dei viaggiatori per e dalla Sicilia. Ed oggi si chiede un censimento delle aziende che potrebbero produrre mascherine e altri dispositivi di sicurezza. Lo fa il deputato Nuccio Di Paola del M5stelle, e gli fa eco la deputata regionale Elena Pagana, che suggerisce: “Ad Enna ci sono le aziende che possono produrre”.
Intanto la Regione oggi ha fornito il bollettino dei contagi aggiornato a un paio di ore fa: ad Agrigento 22, a Caltanissetta 4, Catania 108, Enna 8, Messina 16, Palermo 40, Ragusa 4, Siracusa 21, Trapani 14. In tutte le province sono aumentati. L’11 marzo erano 12 ad Agrigento, 41 a Catania, 1 ad Enna, 8 a Messina, 15 a Palermo, 1 a Ragusa, 3 a Siracusa, 2 a Trapani Da ieri, passano da 5 a 8 i casi ad Enna e provincia, 0 a Caltanissetta. I ricoverati 24, 2 guariti, e 57 in isolamento. In totale sono 237 i casi positivi registrati dall’inizio, di cui 114 ricoverati (28 in terapia intensiva) 112 in isolamento domiciliare, 8 guariti e tre deceduti.

Al decimo giorno di opportuna “quarantena” per Covid 19 il gran silenzio calato per le strade è un fiume d’asfalto ghiacciato che urla la sua grande solitudine. Desolate le vie, le piazze, e finanche i balconi dove nessuno osa affacciarsi più per paura dello starnuto del vicino di casa. Se sbadiglia, poi, gli si getta una “mala occhiata” fulminante e fulminea. E il poveretto si chiude in casa a impastare altre focacce. Gli scaffali della farina sono ormai vuoti nei supermercati.
Tutto questo bel Paese fino all’8 gennaio pullulava di gente finanche affannata, divisa tra capricci e doveri. Ma pulsante. Nel giro di una settimana sono crollate le certezze. E, agli obblighi delle bollette da pagare, dei mutui, delle fatture da sanare ai fornitori, per le Partite Iva si è aggiunta la preoccupazione dell’eredità dell’insoluto; a cui sarebbero chiamati figli e coniugi nel caso “tutto non andasse bene”. La pubblica amministrazione è corsa parzialmente ai ripari con il lavoro agile, forse anche mal applicato. Insegnanti e dirigenti si lavano la coscienza – non avendo altri mezzi – e applicano la didattica a distanza. E per i ragazzi che un Pc non ce l’hanno? Permangono, giustamente, le restrizioni emanate dal Governo: lavarsi le mani e attività tutte chiuse. Anche se, a tal proposito la gente si interroga. Tabacchini aperti e bar chiusi? Ed è difficile una lettura razionale di ciò. Pesano oltretutto e più che mai i privilegi di pochi eletti e le difficoltà dei tanti a sbarcare il lunario. Perché tutta la gente, a casa, ha diritto di mangiare.
Si è tempestati di raccomandazioni: “Lavatevi le mani, mettete le mascherine”. Nei supermercati da un mese mancano le cose più semplici: l’alcol per disinfettare le mani e le mascherine. Tra qualche giorno gli ospedali saranno stracolmi di persone che avranno bisogno di cure. Perché – diciamo le cose come stanno – : in Sicilia l’emergenza da Covid 19 è in atto contenuta ma tra qualche settimana sarà ancora così? A cosa porterà il rientro di 20 mila persone dal Nord Italia?
Ancora una volta si rischia di arrivare in ritardo alla soluzione. Quale? Intanto, cercare di produrre in Sicilia le mascherine e altri dispositivi considerato che anche i cosiddetti fratelli europei non ce ne manderanno.
Stamattina a tal proposito ha esordito un deputato regionale. “Il governo Musumeci dovrebbe intervenire per aumentare la produzione locale di mascherine e di altri dispositivi di protezione contro la diffusione del coronavirus”: è la proposta di Nuccio Di Paola, deputato regionale del Movimento 5 Stelle, che sul tema ha presentato una interrogazione all’Ars. “Molte attività produttive e commerciali restano aperte – ricorda Di Paola – nonostante la difficoltà di garantire ai dipendenti il rispetto delle misure di sicurezza e la fornitura dei dispositivi di protezione individuale, tra cui le mascherine adeguate alla prevenzione del contagio. Inoltre, come sappiamo, risultano particolarmente necessarie anche per il personale medico e sanitario esposto ogni giorno in prima linea. Purtroppo, di mascherine c’è una scarsa produzione in Italia, mentre si sono bloccate le esportazioni di quelle provenienti da altri Paesi. Mi appello quindi al governo regionale perché faccia una ricognizione delle imprese siciliane che potrebbero velocemente convertire le proprie linee di produzione per realizzare mascherine, guanti e altri dispositivi. Lo stesso ragionamento si potrebbe applicare alla produzione di macchinari di terapia intensiva e relativi componenti, particolarmente necessari al momento. Incentivare la conversione degli impianti è una strategia di intervento che la Regione dovrebbe privilegiare con decisione e urgenza”, conclude Di Paola.  “Il territorio dell’Ennese, storicamente vocato al settore tessile potrebbe essere già pronto alla produzione dei dispositivi di protezione individuale per limitare il contagio da COVID-19. C’è il distretto della plastica di Regalbuto o ancora il polo tessile di Valguarnera o di Gagliano Castelferrato, non dimenticando lo strategico polo di Dittaino. Le aziende facciano rete tra loro e si mettano a disposizione”. A dichiararlo è la deputata regionale del Movimento 5 Stelle all’Ars Elena Pagana che lancia un appello alle imprese del territorio ennese nel fare rete tra loro ed avviare la produzione dei DPI per limitare il contagio da Coronavirus. “Per superare l’emergenza più difficile della storia repubblicana – afferma Pagana –  occorre fare fronte comune. Personalmente sono in contatto con alcune aziende che rappresentano un’eccellenza del tessile e della plastica a livello europeo, sarebbero pronte a riconvertire le linee per produrre i dispositivi di cui in questo periodo vi è una disperata necessità. Si costituisca una rete”.

 Graziella Mignacca