di Josè Trovato

Enna. Dieci morti nel giro di pochi giorni nella provincia più piccola della Sicilia, più almeno altri quattro casi sospetti per cui ancora oggi, post mortem, si attende l’esito del tampone. Un numero di contagiati che presto scavallerà quota duecento. E forse è già così da tempo, o forse anche ben oltre, ma non lo si può dire con certezza visto che talvolta l’attesa per conoscere l’esito del tampone, dopo averlo fatto (ma si dice che tanti attendano parecchio per ottenere che lo facciano, il tampone), non è brevissima. 
L’isolamento forzato e le quarantene coatte a causa di contatti “sospetti”
Le famiglie sono giustamente chiuse a casa. Alcune per via dell’isolamento forzato che riguarda all’incirca i tre quinti del Pianeta. E’ obbligatorio, per non diffondere il contagio. C’è poco da fare. Tante altre famiglie, inoltre, sono a casa per le quarantene forzate – “non puoi uscire neanche a fare la spesa, provvederemo noi o troveremo il modo di farlo in sicurezza” – imposte a chi ha avuto contatti con persone risultate positive. Mariti e mogli, madri e padri rispetto ai propri figli, isolati l’uno dall’altro sotto lo stesso tetto, ma in stanze diverse, per evitare ogni potenziale diffusione del contagio.
La macchina della solidarietà: il ruolo delle istituzioni, del volontariato e della Chiesa
Tante persone e tante famiglie povere non possono neppure permettersi di fare la spesa. Padri di famiglia non possono andare a lavoro per ovvi motivi e oggi, con dignitosa umiltà o punte di rabbia, chiedono aiuto alle Istituzioni. Dal canto loro le Istituzioni si organizzano – più o meno rapidamente – mentre tutt’intorno si mette in moto la macchina del volontariato, delle associazioni, delle Caritas, dei vicinati e dei parentadi. I comitati d’emergenza, o COC, sono al lavoro per assicurare interventi veloci. Decine di persone hanno scelto di trasformarsi in “angeli custodi”, e dobbiamo loro gratitudine eterna. Un ruolo essenziale è quello svolto dai sacerdoti, che non hanno affatto abbandonato i fedeli delle loro Parrocchie, nonostante l’obbligatoria chiusura delle chiese, ma sono lì, pronti a guidarli in preghiera e a coordinare l’azione, in sicurezza, dei gruppi parrocchiali che si occupano di solidarietà. Due di essi, due sacerdoti, attualmente si trovano ancora ricoverati a Enna. Il Covid-19 li ha contagiati mentre stavano svolgendo la propria opera nelle Parrocchie. Con blasfemia sacrilega, questo virus ha dimostrato sin dall’inizio di non guardare in faccia nessuno. Ma alla fine assieme, la ragione dell’uomo e l’intervento della Fede, riusciranno ancora una volta a schiacciare il serpente.
Gli aggiornamenti in perenne ritardo, persino a volte alle famiglie dei malati
Il numero delle persone “positive” è in continuo aggiornamento, anche se gli aggiornamenti costanti talvolta tardano ad arrivare. Le informazioni non sempre sono tempestive persino nei confronti dei parenti stessi delle persone ammalate. Alcuni lanciano disperati appelli anche alla stampa, perché si possa sapere qualcosa dei loro cari. Lo fanno solo per conoscere le condizioni di un parente malato, in certi casi anche da lontano, perché non hanno modo di sapere nulla, ma “tu che sei giornalista forse riesci a sapere qualcosa”.
I sindaci in prima linea. La preoccupazione per Venezia e Chiovetta
I sindaci, tutti i sindaci, sono in prima linea a coordinare gli interventi dei loro Comuni, dalle loro stanze del Municipio o da luoghi sicuri con lo smart-working. E per almeno due primi cittadini è forte la preoccupazione, per le loro condizioni di salute. A Silvestro Chiovetta, risultato positivo al Covid-19, e Fabio Venezia, che ha manifestato sintomi di cui non si conosce ancora l’origine, non dobbiamo rivolgere solo un fraterno abbraccio, ma anche l’augurio – e la preghiera per chi è credente – che si riprendano al più presto, in un momento in cui le loro comunità hanno assoluto bisogno della loro guida.
Le forze dell’ordine e la magistratura. Una presenza silenziosa ma insostituibile
Centinaia di uomini in divisa in questi giorni presidiano le città della nostra provincia o operano per la garanzia della libertà e della sicurezza di tutti. Poliziotti, Carabinieri, Finanzieri, uomini della Forestale regionale, Vigili urbani, Agenti della Polizia penitenziaria, Magistrati di turno nei tribunali. Tutti svolgono con abnegazione un ruolo fondamentale. Le forze dell’ordine lo fanno sulla strada. Li incontriamo durante le nostre uscite “per motivi di necessità”. Alcuni automobilisti, talvolta, quasi si innervosiscono se viene chiesto loro di produrre la propria autocertificazione. Altri, poco accorti, sono persino giunti a polemizzare, a parlare di “vessazioni”, come se aver violato le norme per la salute pubblica in tempi di emergenza fosse la stessa cosa di essersi fermati un metro più avanti al semaforo rosso o aver sbagliato a fare manovra; e soprattutto come se, le forze dell’ordine, non rischiassero la vita tutti i giorni, convivendo con la paura di essere contagiati.
La prima linea del fronte: gli ospedali
Poi ci sono le notizie dagli ospedali: quel reparto “Covid” Enna, l’ospedale più grande e importante della Provincia, che ospita oltre ottanta persone (anche questo numero è in perenne aggiornamento). Vi operano medici e infermieri coraggiosi, ricchi di senso civico e umanità. Le notizie che giungono da lì parlano di persone ricoverate, di chi è prossimo a guarigione, di chi sta peggio ed è in rianimazione e altri ancora – nonni, zii, amici, padri, madri di qualcuno, o anche no, ma tutti importanti! – che non ce l’hanno fatta. Medici e paramedici, e il discorso vale per tutti e quattro gli ospedali della provincia, oltre all’impegno instancabile dei medici di famiglia, delle guardie mediche e del personale del 118, lavorano in prima linea, in un momento in cui preferirebbero di gran lunga stare a casa al sicuro, mettendo in gioco la loro salute e facendolo senza aver mai avuto un attimo di titubanza.
Conclusioni*
Nel contesto generale, nella gestione dell’emergenza, ci sono come è ovvio delle criticità. La provincia di Enna sicuramente non era pronta all’emergenza, così come non lo era il resto del mondo. Nei comuni alcune opposizioni hanno affilato le armi, altre si sono messe al lavoro con i sindaci. Alcune persone ammalate hanno ritenuto di presentare delle denunce alle forze dell’ordine e spetterà alla magistratura, eventualmente, appurare se vi siano state, o meno, condotte penalmente rilevanti. Non spetta certo a un giornalista o ad un giornale farlo. 
Infine ci sono gli idioti a cui Facebook ha dato diritto di parola quando, come disse Umberto Eco, prima appena aprivano bocca venivano prontamente zittiti. A loro discolpa dico subito che loro, probabilmente, non possono conoscere né capire la sofferenza della gente, il lavoro dei sindaci, il sacrificio di medici, infermieri e forze dell’ordine, la passione con cui operano i volontari né l’amore dei sacerdoti verso il proprio popolo. Meno che mai, di certo, possono capire l’impegno di un piccolo cronista di provincia, che si è imposto di diffondere tutte le notizie verificabili, attraverso le pagine di una testata giornalistica online che attualmente non dispone di un editore (e chi ha un minimo d’intelletto può capire bene cosa ciò comporti, anche se non lo diciamo perché non sarebbe elegante). No. Loro trascorrono tutto il tempo a inventare e scrivere notizie false, diffondere dati errati, teorie del complotto, catene di Sant’Antonio, a fare confusione o commentare, nel loro magro vocabolario, attaccando tutto e tutti e accusandoti persino – tu, piccolo giornalista di provincia – di fare parte di un “sistema perverso”. Che poi magari è lo stesso sistema “perverso” a proteggerli, in certi momenti, dall’insana voglia di proseguire l’isolamento a casa loro, per trascorrere le giornate prendendoli a timpulate… 
 
* Un articolo non contiene mai le “conclusioni”, perchè i nostri maestri insegnano che le conclusioni è sempre meglio farle trarre al lettore. Ma in fin dei conti le mie conclusioni non concludono affatto il discorso. E questo editoriale in realtà è più una sorta di relazione, di diario di bordo, di diario di guerra, che sarà aggiornato.