1.

In trappola in una vita sbagliata

Ho appena chiuso la porta dietro di me. Ho i pacchi della spesa, il cellulare che suona e i bambini che strillano al piano di sopra. E’ dura. E’ dura non riuscire a chiudere i pensieri fuori dalla porta. Quelli sono macigni, mi seguono dappertutto. Cani segugi e fedeli legati ai polpacci. Questa giornata sembra non finire più. Vorrei solo buttarmi sul divano, rilassarmi e gustare un buon vino rosso, lasciandomi trasportare dall’esagerata ebbrezza del silenzio. Ma quello per me non esiste.

Ho 40 anni, due figli che sembrano delle pesti. E un marito, un contorno, un attrezzo di casa messo lì ad occupare il divano. Lo guardo e l’unica cosa che sa chiedermi è se ho comprato la sua birra preferita. Annuisco per non scoppiare. Sono una donna e da tale ho determinate mansioni. Ma quando finirà tutto questo? Quando potrò buttarmi su quel famoso divano e assaporare quel famoso vino rosso?

Passo la serata a dare un senso alla mia casa, come se i cassetti fossero la mia vita. Tutta catalogata in maniera maniacale, quasi ossessiva. Ho bruciato le tappe, non mi sono laureata e mi sono sposata presto. Dovevo acquisire quella mia libertà tanto attesa. E oggi mi fa rabbia, pensare che a quella frase, “finché morte non vi separi”, avrei dovuto fermarmi a riflettere. Scappare via dalla mia adolescenza, allontanarmi dalla mia casa, dai miei genitori, dalla mia famiglia, non è stata esattamente la più brillante delle idee.

Continuo la serata con l’anima agonizzante, ferita dalle botte che silenziosamente ricevo quando mi sento ignorata, detestata… invisibile. Faccio fatica a riconoscermi allo specchio. Il mio riflesso è diventato anonimo, spento.

Sorrido con l’amara consapevolezza che domani sarà tutto come oggi.

E io lì, inerme, ad aspettare.

Bertha P.