Leonforte. “E’ un paradosso: è arrivato l’esito negativo del tampone fatto il 9 aprile ma non quello dell’8. Per questo non posso essere dimesso. Voglio tornare dai miei bambini. L’Asp non deve sottovalutare gli aspetti psicologici della malattia”. È una testimonianza accorata quella di un leonfortese, poco più che quarantenne, che afferma di sentirsi in tutto e per tutto clinicamente guarito ma che non può lasciare l’ospedale Ferro Branciforti Capra, dove è ricoverato dal 10 aprile; il quale accetta di raccontarci, non riportando le sue generalità, il decorso della malattia. “Ho avuto il primo sintomo il 13 marzo. Avevo solo febbre. E per undici giorni ho avuto solo febbre. All’inizio 37,5, poi 37.8. Dopo il quarto giorno la febbre è iniziata a salire. È arrivata a 38.5, poi anche 39.5. Prendevo la Tachipirina e non scendeva. Sono stato in contatto sin dall’inizio con il mio medico di famiglia e con un medico dell’ospedale. A un certo punto, l’undicesimo giorno, è stato necessario attivare il protocollo”.
Cosa è successo a quel punto? “Ho chiamato il 118 perché stavo male. Mi sono venuti a prendere, mi hanno portato a Enna. Il 25 marzo mi è stato fatto il tampone e anche la Tac, che, assieme alle analisi, ha già fatto emergere una polmonite sospetto Covid. Per mia fortuna non era una polmonite aggressiva e aveva interessato solo le aree esterne dei polmoni, con degli addensamenti in aree esterne. Non ho avuto difficoltà respiratorie durante la degenza ma dal 26 marzo hanno cominciato a fare tutte le cure dovute. Io voglio ringraziare i medici e gli infermieri in prima linea e tutti i sanitari che si sono occupati di me. Voglio sottolineare che non c’è proprio nulla da dire: sono stati tutti impeccabili. Ho fatto una cura antivirale e a un certo punto sono stato bene”.
E poi? “Poi cosa succede? Mi fanno due tamponi a distanza di ventiquattro ore l’uno dall’altro, giorno 8 e 9 aprile. Sta di fatto che il 10 vengo trasferito a Leonforte, dove mi trovo in un ospedale perfettamente idoneo a ospitare dei pazienti. Poi arriva l’esito del tampone fatto giorno 9, negativo. Di quello fatto giorno 8 non si sa nulla. Mi informo, chiedo di rifare il tampone, ma qui mi dicono che se non lo dice l’Asp non possono farlo. Senza una comunicazione dell’Asp non mi fanno il tampone. E non posso essere dimesso, nonostante io stia bene. A quel punto cerco anch’io di comprendere, parlo con un mio amico medico, il quale mi dice che questa cosa dei due tamponi negativi non esiste in nessun protocollo. Se il paziente sta bene, mi dice, si auto-dimette e si prepara a stare in isolamento a casa propria. Poi se arriva il tampone negativo è perfetto, viceversa si continua l’isolamento”.
Invece cosa accade? “Accade che io me ne voglio andare. Io me ne devo andare perché mi sento quasi sequestrato. Ho vissuto giorni difficilissimi all’inizio, perché stavo male, non potevo vedere nessuno. Chi ha passato la malattia conosce bene gli effetti psicologici che si associano a quelli fisici. Ho cercato di essere sempre forte, ma è stato davvero brutto. Al reparto Covid ho visto situazioni veramente difficili, persone che stavano male e cercavano di mettersi in contatto con i loro familiari, altre che avevano difficoltà a respirare. Altre ancora che purtroppo non ce l’hanno fatta. Ora voglio tornare a casa. So anche altri sono nelle mie stesse condizioni, hanno voglia di tornare a casa ma non gli viene consentito”.
Perché questa fretta di tornare a casa? “Voglio tornare dai miei bambini, che sono piccoli. Nel frattempo anche il tampone fatto a mia moglie si è rivelato positivo, ma l’esito è arrivato 17 giorni dopo che l’avessero fatto, ma ancora oggi aspettiamo le comunicazioni per poter fare i tamponi successivi, da cui auspichiamo che emerga la sua negativizzazione. Mia moglie è riuscita a isolare i bambini e evitare contatti, tant’è che l’esito del tampone è stato negativo per entrambi. Per fortuna anche lei adesso sta bene, anche ha avuto dei sintomi all’inizio e ha fatto la cura a casa. Ma voglio tornare anche per aiutarla. Ripeto: voglio solo tornare a casa. Se domani non mi consentono di farlo chiamerò i carabinieri e il mio avvocato”.