di Paolo Di Marco

L’intera comunità mondiale ai tempi del Covid 19 sta sperimentando modelli di vita distanti dalla natura umana. Ancor più distanti in Italia e in particolare nel Sud della penisola dove il rapporto personale e sociale è profondamente radicato. Ma tutto il mondo e ogni settore della vita comunitaria ed economica stanno pagando un prezzo. Evidente e concreto per quanto riguarda l’economia e la società, a volte invisibile e difficilmente gestibile per quanto riguarda la vita interna dei singoli individui. I momenti quotidiani di ogni comunità vanno quindi gestiti, con grande professionalità e attenzione. In questo immenso contesto il mondo della scuola, non fosse altro perché tale segmento, rappresenta il futuro più vicino di noi tutti deve necessariamente ottenere una lente di lettura privilegiata. Di questo ed altro ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta Mimma Geraci, insegnante di Scuola Primaria.
Dottoressa Geraci dopo l’improvviso lockdown di oltre un mese fa qual è la condizione psicologica delle comunità?
“La distanza imposta dalla quarantena, di certo è stata e, continua ad essere, innaturale. Il confinamento, da un punto di vista psicologico, in alcune persone, indipendentemente dalla loro posizione geografica, ha fatto emergere sintomi e crisi. Le reazioni ad eventi traumatici sono sempre soggettive e, sostanzialmente, ascrivibili alla personalità, a fattori biologici e di predisposizione genetica. In alcuni soggetti possono essersi manifestate crisi ansioso-depressive, disturbi del sonno, paura di essere contagiati con conseguenti comportamenti fobici e persecutori. Manifestazione di sintomi specifici del Disturbo Post Traumatico da Stress e di forme di allontanamento dalla realtà, con conseguente ‘psicosi negazionista’ dell’epidemia e del contagio. Indiscutibili le ripercussioni nei pochi rapporti sociali e familiari, implementati da forti preoccupazioni inerenti il futuro lavorativo ed economico. Per quanto possa sembrare riduttivo, se spostassimo il focus dell’attenzione sulla prevenzione, piuttosto che sul contagio, stimoleremmo, per quanto possibile, atteggiamenti più positivi.”
Spostiamoci nel mondo della scuola. Nel nostro territorio come è stato affrontato il problema Covid-19 in merito alla didattica?
Nel giro di pochi giorni, dirigenti scolastici e docenti ci siamo attivati, cercando di padroneggiare piattaforme e strumenti che fino a pochi giorni prima erano poco noti. A scuola sono cambiate molte cose, ma, a pensarci bene, non è cambiata la dimensione della didattica. In tempi di Coronavirus, dove tutto si dilata e si amplifica, la didattica non ha fatto differenza. Abbiamo amplificato di fatto le nostre capacità relazionali e comunicative e dilatato il nostro impegno per fronteggiare un’emergenza inattesa, rimanendo quello che siamo: insegnanti. Molte attività e interazioni sono state trasferite in un altro spazio, altrove, anche se diventa sempre più impellente il bisogno di tornare a vivere la normalità fatta soprattutto di relazioni, incontri, prossimità e contatti fisici.”
Se da lunedì 4 maggio è previsto un primo allentamento delle misure per la scuola si prevedono tempi più lunghi e più duri, niente aule fino a settembre. Quali problematiche saranno evidenti a livello organizzativo, didattico e di sicurezza?
“Una delle ipotesi in campo riguarda un mix tra alunni in classe e a casa con la didattica a distanza, ma le decisioni e le direttive dovranno tener conto della logistica, del personale scolastico a disposizione e del numero di alunni/studenti presenti nell’Istituto. La scuola è qualcosa di serio che ha bisogno di una visione d’insieme per evitare che non sia oggetto di speculazioni che la allontanino dalla sua mission “far crescere umanamente, culturalmente e professionalmente le nuove generazioni, creando le condizioni perché  ognuno esprima il meglio di sè”. È uno strumento educativo e di formazione che non può e non deve fermarsi nonostante tutto, essa è crescita, speranza nel presente e nel futuro.”
In particolare, gli alunni più piccoli, quelli della elementare come hanno vissuto questa sorta di forzata clausura?
“È un tempo lungo quello del lockdown, i cui “strappi” psicologici sono stati avvertiti da molti e, in particolare, dai bambini, che, come gli adulti, possono portare internamente le tracce dello stress prolungato dato dalla quarantena e dal distanziamento sociale che li ha privati, d’un colpo, del loro bisogno di esplorazione e di contatto. Anche i più piccoli hanno bisogno di trovare significati a quello che è accaduto e, più ancora, hanno bisogno di luoghi e persone con cui condividere le esperienze fatte. Andare a scuola, quotidianamente, non è importante solo perché si cresce sul piano cognitivo, ma perché il confronto con i pari, le relazioni verbali e non verbali vissute in classe, nei corridoi e nei cortili, sono fondamentali per lo sviluppo affettivo ed emozionale. E’ evidente che seguire in classe una lezione o a casa non è la stessa cosa e gli alunni della scuola primaria sono coloro che, di certo, più degli altri studenti hanno risentito degli effetti della clausura. Sin da subito ai bambini è mancato vivere accanto ai compagni, alle maestre, in un flusso continuo di relazioni e dinamiche.
Dottoressa Geraci l’impatto con il cambiamento, vita sociale/chiusura, nel marzo scorso è stato davvero repentino, come continuare a gestire il rapporto insegnante-alunno con i passaggi, lezioni on line e poi, a settembre, in classe?
“Al ritorno a scuola, a settembre, sono certa che, essendo mancata la relazione “de visu” si avrà la necessità di cancellare la distanza subìta. Gioverà una presenza ancora più profonda, empatica per riconnettersi con i bambini che oltre la scuola, hanno anche perso lo sport in compagnia, gli amici, i parenti, le uscite con i genitori e, come se non bastasse, sono stati attraversati dall’ignoto e invisibile virus nonchè da un bombardamento di notizie, mentre noia e solitudine hanno accompagnato le loro strane giornate. I bambini hanno una resilienza ai traumi maggiore di noi adulti, ma è necessario che essi, raccontino quanto è successo per rielaborare ed esprimere, in una dimensione terapeutica, il loro mondo interno attraversato dagli eventi. La classe, potrebbe essere uno degli spazi privilegiati, all’interno del quale l’insegnante caregiver (una sorta di assistente alla cura personale ndr) parli con loro, utilizzando un approccio realistico ed adeguato all’età. E’ necessario dare continuità al tempo di ieri, a quello di oggi e del domani che ci attende.”
E’ giusto affermare che in 40 giorni nel mondo della scuola è stato attivato, gioco-forza, un cambiamento epocale, quasi il preludio di una rivoluzione organizzativa-didattica?
“Da marzo ad oggi, nella scuola, sono accadute cose straordinarie e inattese. Migliaia di insegnanti hanno realizzato, una fittissima rete di azioni didattiche e relazionali con i loro alunni e studenti, mediante video- lezioni, chat e molto altro, generando il seguente paradosso, “abbattere la distanza mentre si realizzava la didattica a distanza”. Il tutto con il supporto continuo delle famiglie e una forma nuova di collaborazione che potrebbe definirsi la sinergia dell’emergenza.  Sono certa che, paradossalmente, oggi la generazione 3.0, abituata a una condizione più social che sociale, potrà scoprire rapporti meno virtuali e più reali.”
Ritornando agli effetti che la comunità nel senso vasto dovrà arginare nel prossimo futuro come l’ingombrante novità delle mascherine, il distanziamento sociale, niente manifestazioni di gruppo e altre limitazioni, quali sono gli ostacoli più evidenti da affrontare rispetto il nuovo stile di vita?
“La pandemia ha cambiato radicalmente i nostri stili di vita, amplificando o mettendo in secondo piano gli usuali valori di riferimento della cosiddetta normalità. È esperienza comune che i più grandi cambiamenti avvengano attraversando le crisi. Essi sono conflitti che vanno guardati, accettati, personalizzati. Siamo chiamati a mettere in atto le nostre capacità di coping (strategia di adattamento ndr), il necessario istinto di sopravvivenza che ci porta ad adattarci alle situazioni che mutano. Per fermare il Coronavirus dovremo cambiare radicalmente quasi tutto quello che facciamo: come lavoriamo, come socializziamo, come facciamo shopping, come ci occupiamo della nostra salute, come educhiamo i nostri figli, come ci prendiamo cura dei nostri familiari. È l’inizio di uno stile di vita completamente diverso che, di certo, presenta non pochi ostacoli. Gestire il distanziamento sociale sarà difficilissimo per noi che siamo soggetti relazionali già nella vita intrauterina. Evitare di frequentare, visitare, conoscere, viaggiare, andare, tornare e, tanto altro ancora, priva l’uomo delle libertà di pianificare, muoversi e conquistare. Uno stile da reclusi non è sostenibile per periodi così lunghi, quindi dinnanzi ai molteplici ostacoli, troveremo compromessi che ci permetteranno di avere una nuova forma di vita.
Difficoltà o non difficoltà alla fine ci adatteremo?
Ripercorrendo la storia dell’uomo sappiamo che, ognuno in stretta correlazione con la propria struttura di personalità, le risorse cognitive che possiede e i tempi che gli sono consoni, anche se in modo parziale, si adatterà. Faremo nostre anche queste misure, così come ci siamo adattati, pur protestando, ai severi controlli di sicurezza negli aeroporti dopo l’undici settembre. Il mondo è cambiato molte volte e, sta cambiando di nuovo mentre proliferano, ad esempio, i servizi della nuova Shut-in economy (Economia chiusa ndr). È l’inizio di uno stile di vita completamente diverso di cui non saremo spettatori, ma protagonisti. Impareremo a trasformare l’ostacolo in opportunità. Nulla sarà come prima e non potrebbe esserlo. Ritengo costruttivo, quindi, assumere il compito, insieme ai nostri figli e ai nostri alunni, mettendo in campo le migliori energie, intelligenze e competenze per ridisegnare l’imminente futuro. Sono certa – conclude la dott.ssa Mimma Geraci – così come ebbe a scrivere per altri contesti Freud: “Torneremo a ricostruire tutto ciò che la guerra ha distrutto, forse su un fondamento più solido e più duraturo di prima.”