di Josè Trovato

Centinaia di condivisioni, commenti e interventi di vario tenore, alcuni anche palesemente fuori tema. Ha suscitato indignazione il post di EnnaOra sulla concessione degli arresti domiciliari al boss di San Michele di Ganzaria e Caltagirone Ciccio La Rocca, che ieri abbiamo condiviso e rilanciato sui social. Una notizia di qualche giorno fa, che fa il paio con quella relativa alle altre scarcerazioni di mafiosi in giro per l’Italia; le cui dimensioni, tuttavia, ritenevamo non fossero ancora perfettamente chiare ai lettori siciliani. In molti si sono chiesti cosa fosse accaduto, c’è stato chi ha colto il pretesto per farne una questione politica, quasi che denunciare un fatto eclatante – come la concessione dei domiciliari a un boss – fosse un modo per “fare politica”. La maggior parte dei lettori, tuttavia, ha saputo cogliere il senso del post.
Tra coloro che hanno tentato di dare una lettura corretta e imparziale ai fatti c’è Antonio Ortoleva, giornalista professionista già docente di Giornalismo alla Kore, redattore a Palermo del Giornale di Sicilia, direttore del Gr di Radio Cento Passi e autore di testi impotanti come il recente “C’era una volta l’India e c’è ancora”, Ottavio Navarra editore. Oggi lo abbiamo sentito.
Tutto nasce da una improvvida circolare del Dap che invitava i direttori degli istituti di pena a segnalare al magistrato di sorveglianza tutti quei casi che, per età o per patologie, fossero più esposti al rischio epidemia – ha scritto Ortoleva su Facebook –. Ciò ha provocato una valanga di richieste di scarcerazione a favore di boss mafiosi detenuti al 41 bis, 5 o 6 o più, il numero non sembra certo, già rientrati a casa. Il Guardasigilli Bonafede ha annunciato un decreto urgente che possa contemperare le giuste protezioni di salute per tutti con la sicurezza del Paese e porre un freno alle scarcerazioni. Fin qui la notizia. L’opinione è questa: una falla nel sistema giudiziario sta riportando a casa killer spietati, padrini di mafia, trafficanti e tagliagole che hanno insanguinato la storia italiana, con il rischio reale che rimettano in piedi una rete di comando e di oppressione per ora in sonno. Opinione simile ha espresso a chiare lettere Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia”.
Lei che è un po’ la memoria storica di fatti e misfatti d’Italia, come vede ciò che sta accadendo?Non è la prima volta che il 41 bis subisce uno svuotamento. Nel 1993 ci provò il ministro Giovanni Conso che sottrasse oltre 300 mafiosi al “carcere duro”. Per “dare un segnale distensivo” disse poi ai magistrati di Palermo che indagavano sulla Trattativa tra Cosa nostra e lo Stato. Un segnale a chi? Un anno prima c’erano state le stragi Falcone e Borsellino, le più drammatiche della storia repubblicana. E in quel momento il terrorismo mafioso imperversava con gli attentati simultanei tra Milano, Firenze e Roma con morti e feriti”.
E oggi? Ventisette anni dopo la norma più detestata da capi, generali e soldati delle mafie nostrane torna in bilico, suscitando le proteste dei magistrati di prima linea e gli appelli di associazioni e organismi impegnati nella lotta alla mafia, come Fondazione Fava, Memoria e Futuro, WikiMafia. Da qui la risposta ferma e civile della Procura nazionale e l’arrivo annunciato imminente del decreto blocca-scarcerazioni del ministro Bonafede”.