di Josè Trovato

Nel nuovo millennio non ho alcun dubbio: è l’anniversario più buio in assoluto, uno di quei momenti in cui la memoria sembra calpestata da un presente perverso. La decisione parossistica di rispedire a casa sanguinari mostri, ammantata di perbenismo e fatta passare strumentalmente come una scelta di umanità – a difesa delle condizioni di salute di criminali e mafiosi ultraottantenni, quasi non esistesse, al di fuori del loro focolare domestico, un posto sicuro per tenerli reclusi e farli sopravvivere all’emergenza Covid-19 – rischia di aprire le porte dell’inferno.
L’esempio di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978, dovrebbe apparirci attuale oggi più che mai e insegnarci che la passione civile può risvegliare le menti, anche in una società abbruttita e ottusa come quella in cui viviamo. Quarantadue anni fa Peppino è stato ucciso da un commando di assassini spietati, al soldo di Gaetano Badalamenti, per stroncare una voce fuori dal coro e impedirne l’ingresso in consiglio comunale, nella sua Cinisi, dove avrebbe reso istituzionale il suo impegno contro i clan, mettendo seriamente i bastoni tra le ruote ai loro sporchi affari.
Faccio onestamente fatica ad attribuire a personaggi della contemporaneità il ruolo di erede spirituale dell’impegno di Peppino. Ma la nostra società non ha più bisogno di eroi. Non è poi così difficile. O la mafia la combatti oppure scegli colpevolmente di renderti complice, magari nella maniera più subdola, fingendo di ignorarla o di non sapere. La parola esatta è omertà. E chi riveste un ruolo pubblico nelle istituzioni, oggi più che mai, non deve avere dubbi: bisogna riportare in galera i boss scarcerati. Sarebbe questa l’unica carta possibile, in mano alle istituzioni del Paese, per onorare la memoria di Peppino e delle vittime di mafia.
In attesa che lo faccia l’Italia, però, sarebbe bene che lo facessero gli italiani, onorarne la memoria, studiando la storia di Peppino, guardando nuovamente “I cento passi” (stasera lo trasmette Sky Cinema) o leggendo di lui anche sul web, accedendo al sito del Centro Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato” – Onlus o leggendo gli articoli, autentici pezzi di storiografia contemporanea, pubblicati in questi giorni da Attilio Bolzoni.
Io lo voglio fare proponendo uno dei lati meno conosciuti di Peppino Impastato, le sue poesie. C’è chi sostiene che la poesia, come tutte le arti, sia ancor più bella quando riesce a farti vivere le emozioni dell’autore; o a farti immaginare tè stesso in mezzo a quei paesaggi e quelle situazioni che essa descrive.
Questo il link di riferimento, proprio dal sito del Centro Impastato https://www.centroimpastato.com/poesie-di-peppino-e-poesie-per-peppino/#Poesie-di-Peppino
 
Fresco era il mattino
e odoroso di crisantemi.
Ricordo soltanto il suo viso
violaceo e fisso nel vuoto,
il pianto delle donne,
il singhiozzo della campana
e una voce amica:
“è andato in paradiso
a giocare con gli angeli, tornerà presto
e giocherà a lungo con te”.