di Cetty D’Angelo

Lo scorso 9 maggio il premier Giuseppe Conte ha comunicato su Twitter la liberazione di Silvia Romano. La volontaria ventiquattrenne milanese, rapita in Kenya dal gruppo terroristico di matrice islamica Al Shabaab, è stata liberata dopo 18 mesi di prigionia grazie alla collaborazione fra gli investigatori italiani e le autorità keniane, che l’hanno individuata in Somalia. Silvia, rientrata in Italia il 10 maggio, ha riabbracciato i propri familiari e ha dichiarato: “Sto bene, per fortuna, sto bene fisicamente e mentalmente. Ora voglio solo stare un po’ di tempo con la mia famiglia. Sono felicissima, dopo tanto tempo, di essere tornata”.
Solo poche ore dopo il suo rientro in Italia la ragazza è stata oggetto di insulti e minacce sui social, di una gravità tale da indurre la Procura di Milano ad aprire un’inchiesta per minacce aggravate. Le critiche hanno riguardato soprattutto il presunto pagamento del riscatto ai sequestratori, il quale è stato ufficialmente smentito dalle autorità, e la conversione all’Islam di Silvia, avvenuta, a detta della ragazza, per scelta libera e senza nessuna costrizione. Piogge di insulti anche per lo jilbab, un abito tipico della Somalia, indossato da Silvia al momento del suo rientro in Italia, e per la notizia secondo cui Silvia si fosse sposata con uno dei suoi rapitori, notizia anche questa smentita dalla diretta interessata.
Le critiche si possono riassumere come segue: il riscatto non andava pagato, non in questo momento di crisi economica tanto grave per il nostro Paese, tanto più che la ragazza “non sembra una che se l’è passata male”, dal momento che si è convertita liberamente alla religione dei suoi sequestratori. Silvia non meritava di essere salvata perché ha scelto di convertirsi. A scagliarsi contro Silvia non è stato unicamente il peggior tipo di leoni da tastiera, i quali hanno dato libero sfogo al loro odio indiscriminato, esibendo solo ignoranza e disinformazione e pronunciandosi senza discernere le notizie vere da quelle false, ma anche diversi personaggi politici e parecchi giornalisti, tutt’altro che buoni esempi di civiltà e tolleranza . “Impiccatela”, suggerisce un consigliere comunale del Trevigiano, mentre un deputato della Lega l’ha definita “neo-terrorista”. Il giornalista Alessandro Sallusti si è così espresso su Twitter: “Silvia è tornata, bene ma è stato come vedere tornare un prigioniero dei campi di concentramento orgogliosamente vestito da nazista. Non capisco, non capirò mai”; come se convertirsi alla religione musulmana ed aderire alle ideologie di alcuni gruppi estremisti di minoranza fossero la medesima cosa.
A prescindere dal fatto che Silvia si sia convertita per reale convinzione o che lo abbia fatto spinta dalle difficili circostanze in cui si è ritrovata, perché mai una donna non dovrebbe essere libera di cambiare fede qualora lo desideri? Dovrebbe essere chiaro (o forse no?) che i gruppi islamici estremisti non rappresentano l’intera comunità musulmana. Dunque, cosa esattamente turba il vostro animo, tanto da indurvi ad affermazioni al limite del disumano? Forse vedere una ragazza con il capo coperto da un abito tipico, invece che con una gonna? In realtà se la gonna fosse stata troppo corta l’avreste criticata ugualmente. O forse ciò che vi turba è che una nostra concittadina professi una religione “diversa” da quella cristiana? Dunque è questa diversità che fomenta il vostro odio? Bisogna pur ammettere che anni di politiche di intolleranza hanno ormai prodotto i propri dolcissimi frutti.