di Lucio Sergio Catilina

Santi carissimo,
mi hai assegnato un compito assai difficile: quello di scrivere sulla Trinità.
Ti ho subito detto che mi sarei fatto aiutare da Agostino, come al solito.
L’ho fatto e, traendo profitto dai nuovi mezzi, mi sono trovato rimandato ad un articolo di Avvenire del 27 agosto 2015.
L’articolo è di una suora, Maria Gloria Riva, e ti sarà facile leggerlo per intero, cercandolo su internet.
Il titolo è “Agostino e il Bambino, il mistero come il mare”.
Nessuno stupore se la suora, una che la sa molto lunga sulla teologia, ricorre ad un incipit scontato ovvero al leggendario episodio, che vede come protagonisti Agostino e un bambino, che molti individuano in Gesù Bambino.
A me lo raccontò, ai piedi dell’altare di Santa Rita nella chiesa di via Vittorio Emanuele in Catania, proprio il priore degli Agostiniani dell’ epoca.
Parliamo di più di sessanta anni orsono; l’altare dedicato alla Santa era il primo, entrando a sinistra.
Se hai tempo e voglia, vai a fare una visitina.
Ricorda, il primo a sinistra entrando.
Adesso il simulacro della santa è stato spostato alla sinistra dell’altare maggiore; sempre adornato di rose di ogni tipo.
Per cui, il dipinto, che troneggia, può essere osservato in tutta la sua intierezza.
Io guardavo stupito e, improvvisamente Padre La Paglia, un vecchietto che allora mi sembrava forse molto più vecchio di quanto in realtà non fosse, mi intrattenne, raccontandomi di Agostino, del Bambino e del mare.
Se tu, per caso, dovessi essere tra quelli che non conoscono o non ricordano il leggendario episodio, te lo racconto per sommi capi.
Mentre Agostino meditava sul mistero della Trinità, si accorse che un bambino con il solo aiuto di una conchiglia si affannava, inutilmente, a travasare l’acqua del mare in una buca, scavata sulla sabbia.
Agostino sorrise ed avvicinatosi al bambino gli fece notare che mai sarebbe potuto riuscire nel suo intento.
Al che, il bambino senza scomporsi obiettò che anche a lui, al santo, sarebbe stato “ impossibile scandagliare con la piccolezza della mente l’immensità del Mistero trinitario” .
Potremmo concludere qui il nostro discorso; tuttavia, riconosco che tu rimarresti molto deluso; per cui, ho deciso di sforzami di dirti qualcosa in più.
Ricorderai, facendo un brevissimo sforzo di memoria che il numero tre è un numero sacro per tutte le civiltà di tutte le epoche.
Pitagora, a noi tanto caro, un secolo prima della venuta di Cristo considera il tre un numero perfetto, in quanto racchiude in sé il due ( pari) e l’uno dispari.
Uno, Due e Tre concorrono alla perfezione. Nessuno di loro ha un senso in mancanza degli altri due; tutti e tre, infatti, sono indispensabili per raggiungere ciò che è Perfetto.
Stamattina, ho assistito alla presentazione on-line di un libro di Franceschini, il quale lamentava che “abbiamo perso la sensazione dell’ Unità” e che “avere scelto la ragione, o meglio la logica, quale unico parametro qualificante ci ha privato della componente emotivopercettiva”.
Appunto ci sono concetti, altissimi come quello della Trinità, che solo con l’emotività possono essere appena percepiti.
Emotivamente, percepiamo che lo “Spirito procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato” e ci parla “per mezzo dei profeti”.
Ma, come tu sai, la parola dei profeti non sempre ci riesce chiara, anzi spesso ci sfugge nell’istante stesso in cui riteniamo di averla percepita, se vuoi carpita.
La Ragione non basta. Blaise Pascal, matematico, fisico, filosofo e teologo ci ammonisce che “ la verità si conosce non solo con la Ragione, ma anche con il cuore” e che , quindi, “il cuore (l’emotività) ha le sue ragioni che la Ragione non conosce.”
Per finire, permettimi, amatissimo figlio, di fare riferimento al “doctor angelicus” Tommaso d’Aquino che, volendo celebrare il mistero del Verbo che si fa Carne, nel più sublime degli inni eucaristici della Chiesa Cattolica ci esorta a considerare che “Verbum caro, panem verum verbum carnem efficit: fitque sanguis Christi merum et si sensus deficit, ad firmandum cor sincerum sola fides sufficit”.
La Ragione celebra la sua vittoria, rendendosi conto che quando non riesce a cogliere con i sensi il significato pieno della Verità, non le resta che affidarsi all’emotività della fede.
Altro non so dirti, carissimo figlio, buona domenica della Trinità.
Tuo padre