È da sola in casa, in un’abitazione fuori città, con un uomo sposato di 43 anni. Lui si sente male, lei scappa via. Nel frattempo le condizioni dell’uomo, padre di cinque figli, precipitano per un attacco cardiaco. E così mentre lui sta morendo lei, una ragazza di 25 anni che vive in un paese della provincia di Enna, si è già allontanata senza prestargli soccorso. Secondo la Procura di Enna sarebbe andata così. E per questo adesso – quando sono passati poco più di due anni da quel terribile giorno di gennaio 2018 – la giovane, incensurata, è stata rinviata a giudizio, in virtù di un decreto di citazione diretta emesso dal sostituto procuratore Salvatore Interlandi, con l’accusa di omissione di soccorso e morte come conseguenza di altro reato. La giovane, difesa dall’avvocato Antonio Impellizzeri, dovrà presentarsi il 1 luglio dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Enna Giovanni Milano. Dopo il rinvenimento del corpo dell’uomo, la Procura fece eseguire un’autopsia, da cui si evinse che il decesso sarebbe avvenuto a seguito di un attacco cardiaco; e inoltre, secondo gli inquirenti, un soccorso tempestivo avrebbe potuto modificare il corso degli eventi: se l’avessero aiutato, in pratica, forse il quarantatreenne si sarebbe potuto salvare. A luglio in aula si costituiranno parte civile moglie e figli del defunto, assistiti dall’avvocato Filippo William Balbo.
Una storia i cui dettagli, com’è ovvio, suscitano scalpore, perché la contemporanea presenza in campagna dell’uomo e della giovane fanno pensare che i due avessero una relazione, anche se il particolare non è contenuto nell’atto di citazione a giudizio e per poterlo dire bisognerebbe conoscere la versione della giovane, che per il momento non si è mai espressa. Dinanzi al personale della Squadra Mobile di Enna, diretto dal vicequestore Antonino Ciavola, infatti, si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Va evidenziato tuttavia che nel materiale fornito dalla famiglia dell’uomo agli investigatori ci sarebbe un cd con le registrazioni delle telefonate tra i due – pare che il quarantatreenne avesse installato una app che registrava automaticamente le chiamate – che, secondo fonti vicine alla famiglia dell’uomo, lascerebbe poco spazio a interpretazioni differenti. Sarà il dibattimento, ad ogni modo, a definire meglio i contorni di questa storia.
“La famiglia – afferma l’avvocato Balbo – si costituirà parte civile per fare luce sui fatti accaduti e per chiedere all’eventuale responsabile ogni risarcimento del danno. Alla luce della difesa della persona offesa, laddove i soccorsi fossero stati tempestivi, forse quell’uomo, marito e padre dei miei clienti, si sarebbe potuto salvare”.