Riceviamo e pubblichiamo una riflessione dell’amico Lillo Colaleo sulla politica ennese. 
Ho letto con piacere e grande attenzione le riflessioni dell’assessore Francesco Colianni. In premessa, prima di commentarle, vorrei precisare che ho grande stima di Francesco. Penso, infatti, che negli ultimi anni sia stato uno dei pochi in città che si sia sforzato di avere una visione strategica di lungo periodo, mentre tanti altri erano più concentrati, come lo sono tuttora, sulle passionalità del presente. Il suo post, peraltro, riflette questa sua saggia e riuscita azione di costruzione, che lo vede per ciò stesso politicamente egemone nell’amministrazione, e costituisce il tentativo di elaborare una piattaforma su cui aprire, per davvero, il dibattito.
Ne condivido, inoltre, l’inquietudine di fondo. Anche io, come lui, avverto l’esigenza di “volare alto”, di far sì che “l’analisi si spingesse verso la politica”, definita “arte di cambiamento”, l’ambizione di “un laboratorio permanente di idee”. È quasi incredibile: campi diversi e la stessa esigenza – quella della “Politica”. Rivendicata e richiamata costantemente nelle parole di tutti i principali attori di questi anni. La rivendica Colianni, azionista principale dell’amministrazione. E riemerge tanto nelle parole dell’opposizione consiliare, PD e M5S, quanto in quelle espresse da svariate personalità all’atto di procedere ad abbandoni eccellenti, Angelo Girasole, Maurizio Bruno , Gaetana Palermo, fino ad arrivare agli ultimi fatti noti (tra cui la nota di oggi di Francesco Alloro).
Stessa inquietudine, letture diverse. Eppure, non vediamo tutti le stesse cose. Io, per esempio, personalmente “la viu nivora”, citando Camilleri. Pure a me piacerebbe, e tanto, un dibattito su “emergenza occupazionale, crisi economica, mondo del commercio, rilancio del territorio”. Tuttavia, non me la sentirei di dare tutte le colpe al Covid19 o di ridurre il tutto agli atti di una amministrazione: vorrei fuggire dalla tentazione di voler scaricare ogni responsabilità quanto di volerle addossare tutte. La nostra condizione di declino è perdurante. Non tedierò con l’elenco dei problemi esistenti, che saranno presto oggetto di campagna elettorale assieme ad accuse e vanti. Mi limiterò a ribadire ciò che è conclamato: la perdita di centralità politica, sociale ed economica di Enna. E non sarà di certo la consueta “lista delle cose fatte”, che ogni amministrazione a fine mandato rivendica e divulga, a poter essere bastevole risposta alla criticità del nostro tempo.
Io credo che quella riflessione ne sia consapevole. Infatti, propone, quantomeno, una soluzione politica allo stallo. Un tentativo di andare oltre il mero patto per la conquista dell’amministrazione: il “Partito Per Enna”, le “convergenze” necessarie ad una rinnovata “coabitazione”, è una piattaforma politica. La proposta di una specie di autonomismo municipale. Soluzioni per uscire dall’angolo della perdita di centralità politica del fu capoluogo e rivendicare, finalmente, “politiche chiare verso le aree interne della Sicilia”. Superare, in questo modo, l’anchilosarsi del fu patto civico, violentato dalla realtà, sempre razionale, e recuperare finalmente un’indispensabile autorevolezza politica, in una mancanza – quella della politica – divenuta oramai persino dolorosa. Sconta però l’effetto déjà-vu. L’eterno ritorno delle strade già viste, già percorse: non sarà neppure il patto dei notabili ennesi per il buon governo a restituire centralità al nostro territorio divenuto ormai periferico.
Non la lista dell’ordinario, non il patto degli ottimati. Anche perché il tutto rischia di ridursi ad un espediente. D’altra parte, la collaborazione tra classi dirigenti e parti politiche dovrebbe essere una costante, non un fine programmatico. E la politica stessa non può ridursi ecumenicamente e semplicemente a limitarsi a sottolineare ciò che unisce le classi dirigenti – il voler bene a questa città, che spero ci accomuni – ma dovrebbe anzitutto rilevare ciò che le differenzia e le caratterizza socialmente nel pluralismo necessario della democrazia. Altrimenti, è dirigismo. Ed è proprio questo dirigismo illuminato, ammantato di propaganda ossessiva, che in taluni arrivo perfino a scadere in toni da inquisizione spagnola fatta di condanne e assoluzioni, che fa sì che questo nostro dibattito risulti essere senza respiro.
Eppure, di respirare abbiamo bisogno. L’aria è vitalità, viene spinta dal vento e fa sì che nulla possa marcire nell’immobilità. E mentre altri scrivono cose che con la politica hanno poco a che fare – ma veramente qualcuno vuole ricominciare con certi toni, personalismi e patetismi? – capisco la ratio dell’intelligente proposta di Colianni, capisco come sia ormai prorompente l’esigenza di politica e capisco pure, pur apprezzandone l’intento, di avere la necessità di smarcarmi. Non restituiremo nessuna centralità a questo territorio ponendo Enna al di fuori dello spazio e del tempo, in una logica dirigistica ed autoreferenziale della proposta politica. Non basteranno gli atti e i buoni propositi di amministrazione, non basteranno le parole urlate e gli anatemi dell’inquisizione spagnola, non basterà né l’accordarsi né il guerreggiare del notabilato politico, mutevole come le onde del mare.
Enna, infatti, avverte da tempo l’esigenza di un nuovo grande progetto di lungo periodo. Non basta accamparsi “attorno all’idea di Municipio”. In quello stesso istante in cui, per passione civica, dovessimo accettare una dimensione così chiusa, finiremmo per bloccare il vento e la necessità di cambiamento. C’è necessità di ripensare questa città, collocarla nel mondo e relazionarla rispetto ai grandi temi della contemporaneità, inserirla nei grandi processi regionali, nazionali e, perché no, internazionali, dotarla di una centralità politica, sociale ed economica forte, autorevole, immaginifica, ambiziosa. E per fare questo, servono idee, confronto, pluralismo, democrazia, proiezione: tutte cose che vanno nella direzione opposta rispetto all’intento di chi continua a ragionare in termini di autoreferenziale chiusura localistica.
Per cui sì, apprezzo il tentativo di elaborare una piattaforma politica che idealizzi e nobiliti il patto elettorale. Però, penso che non basti. In un mondo che cambia in maniera così repentina, penso ci sia bisogno di vento, ci sia bisogna di visione e, soprattutto, ci sia bisogno di Politica.
E questa non si fa con un sodalizio claustrofobico, ma uscendo dal porto direzione mare aperto. Non si può fare politica, senza Politica. E le tante turbolenze di questi anni, come si evince dalla parole dei principali protagonisti di questi tempi, lo hanno ampiamente dimostrato.
La coperta, alla fine, finisce per risultare sempre un po’ troppo corta.

Lillo Colaleo