365 giorni è un film erotico polacco uscito in Italia su Netflix ed è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Blanka Lipińska. I protagonisti sono Massimo Torricelli (interpretato dall’italiano Michele Morrone), esponente di una famiglia mafiosa siciliana e Laura, una giovane imprenditrice polacca. Nella scena iniziale Massimo rimane colpito da una donna avvistata sulla spiaggia, ma non riesce ad avvicinarvisi, in quanto poco dopo suo padre viene assassinato davanti ai suoi occhi. Qualche anno dopo Massimo, capo violento e presuntuoso, ereditato il ruolo di leader del padre, porta avanti gli interessi della famiglia Torricelli. Una sera Massimo si imbatte in Laura, imprenditrice polacca di successo, insoddisfatta del rapporto con il fidanzato, che aveva deciso di festeggiare il proprio compleanno in Sicilia. Massimo la rapisce. Nella lussuosa villa in cui Massimo relega Laura, il boss mafioso le spiega di averla vista cinque anni prima in una spiaggia e di esserne rimasto cosi colpito da averla cercata per tutto il mondo per cinque anni. Adesso che la ha ritrovata Massimo vuole tenerla prigioniera per un anno (i 365 giorni del titolo), periodo sufficiente affinchè lei possa innamorarsi di lui e, se ciò non dovesse accadere, alla fine egli la lascerà libera. Aggiunge, inoltre, che non la sfiorerà se non sarà lei a chiederglielo. Qualche tempo dopo, pur avendo subito durante la prigionia una lunga serie di abusi, non prettamente fisici, ma psicologici, fra cui quello di essere stata costretta ad assistere ad un rapporto sessuale fra Massimo e una escort, Laura, come previsto da Massimo, si innamora.
La trama del film, come si nota già da poche righe, è assurda e priva di ogni logica e aldilà del fatto che, per quanto si esplori nei meandri della propria memoria cinematografica, appare davvero complicato ricordarsi di una sceneggiatura brutta più di questa, a nostro avviso, e del fatto che sarebbe difficile scrivere dei dialoghi peggiori, il film è contenutisticamente censurabile, anzi a tratti sembrerebbe quasi una istigazione allo stupro. Il protagonista è infatti una figura abusante che la sceneggiatura porta ad apparire in qualche modo desiderabile proprio in virtù dei suoi comportamenti da maschio Alpha violento.
Il film, fallocentrico e maschilista in ogni fotogramma, è realizzato sulla falsariga della trilogia di 50 sfumature di grigio (la quale già è un’ opera di scarsa qualità contenente diversi elementi sessisti), ma ne è, in realtà, una degenerazione. Non si tratta infatti qui “solo” di una storia che pone al centro una figura maschile “dominante”, rispetto a quella di una donna a lui sottomessa economicamente e sessualmente, come in 50 sfumature. Tali elementi sono riscontrabili anche in 365 giorni, ma la pellicola si spinge oltre, portando la protagonista abusata a concedersi al suo abusatore. Le scene di sesso fra i protagonisti, anche queste sessiste e fallocentriche, appaiono allo spettatore addirittura disturbanti proprio in quanto avvengono dopo le violenze e le costrizioni della prima parte del film. E no, non si tratta di un film sulla Sindrome di Stoccolma (condizione patologica che spinge un soggetto vittima di sequestro a sviluppare sentimenti positivi nei confronti del proprio rapitore), in quanto non ci sono tracce di tale tematica nella trama, ma solo di una cattiva pellicola, che non avrebbe mai dovuto essere prodotta, in quanto profondamente offensiva nei confronti del genere femminile, diseducativa e pericolosa.
Non si comprende dunque bene il motivo del successo riscosso dal film, verso cui ha probabilmente fatto da catalizzatore il bell’attore protagonista, Michele Morrone, unica nota positiva dell’intera produzione, il quale è riuscito a mantenere una recitazione quantomeno decente nonostante la sceneggiatura davvero pessima.
In molti hanno richiesto, forse a ragione, che il film venga ritirato dalla piattaforma Netflix, ma fin’ora la pellicola è ancora fruibile ed è in cima alle classifiche per visualizzazioni.
Cetty D’Angelo